Hawkins David
Nazione: Stati Uniti d'America
 
 

Il campionato di Legadue 2004/05 della NSB, iniziato all’insegna del motto squadra che vince non si cambia era purtroppo partito ad handicap. I guai fisici avevano subito spedito Antonello Riva dietro la scrivania nel ruolo di general manager. Tra gli italiani solo Bagnoli, Fazzi, Feliciangeli e Guerra garantivano affidabilità. Inoltre c’era un altro problema: l’usato sicuro. Cioè gli stranieri.
DeMarco Johnson, campione di gran classe ma in declino, ormai ignorato dai top club, e dal sostanzioso contratto aveva stuzzicato la fantasia di Papalia: la sua Nuova Sebastiani aveva bisogno di un giocatore di grande classe e di forte richiamo per il primo anno di A2 e Johnson, almeno in teoria, poteva incarnare tutto ciò. Anche perché in Legadue avrebbe dovuto trovare meno opposizione. In teoria, addirittura, DMJ sarebbe anche potuto diventare un nuovo Sojourner. I più cinici però storsero il naso, innanzitutto per l’investimento economico (che avrebbe pesato assai soprattutto quando, qualche mese dopo, si sarebbe dovuto rinunciare allo sponsor Tris) ed anche per l’atteggiamento pigro che aveva sempre contraddistinto Johnson. Insomma, il classico lupo che perde il pelo ma non il vizio. Infatti, come sua abitudine, DeMarco Johnson si presentò al raduno di precampionato una decina di chili sovrappeso e con un principio di flebite a un polpaccio che richiese un supplemento di visite mediche prima di ottenere l’idoneità fisica. Col senno di poi, sarebbe stato un valido motivo da prendere al volo per provare a tagliarlo e chissà se quello non fu il preludio all’infortunio al tendine di achille che lo mise k.o. a 4 giornate dalla fine della regular season.
Ad affiancare Johnson, fu scelta l’ala piccola Derell Lacero (mai un secondo nome sarebbe stato più profetico) Washington (1971; 1.98): anch’egli con alle spalle tanti campionati in Europa, tra cui due effettivamente buoni a Trieste, in A1, e ad Osimo, in Legadue nel 2001/02, cioè due stagioni prima della promozione della Sebastiani. Però, nonostante collezionasse ovunque buone statistiche, Washington cambiava squadra quasi a ogni stagione. Per ottenere ingaggi più alti o per altro? Effettivamente qualche voce su un carattere un po’ chiuso ed egocentrico circolava già sul suo conto, però l’ottima stagione disputata nel 2002/03 a Osimo (23.8 punti di media col 37.7% da tre) fece passare in secondo piano il fatto che, mentre la Sebastiani stava affrontando il suo ultimo campionato in B1, Washington, approdato in LEB 1 (l’equivalente spagnolo della Legadue), era stato trasferito a metà stagione dal Caceres all’Aracena che retrocedette dritto dritto in LEB 2. Ciò nonostante, sulle piste di Washington c’era anche Novara, a cui la Sebastiani lo strappò quando stava per firmare il contratto coi piemontesi.
Alla prova del campionato, Johnson riuscì a rendersi comunque utile grazie alla sua notevole classe mentre Washington, dopo un discreto precampionato, fu un disastro totale per cui, fallita l’ennesima prova d’appello, si optò in un primo momento di affiancargli un altro straniero. L’uomo scelto da Maurizio Lasi, le cui ultime settimane erano state tutt’altro che tranquille, fu David Hawkins (1.93, 1982, proveniente dalla Temple University, 3° realizzatore dell’NCAA con 24.4 punti di media, appena tagliato dagli Houston Rockets), il cui arrivo a Rieti si tinse anche di giallo perché, prima di salire sull’aereo per l’Italia, gli era arrivata una mezza chiamata da parte degli Indiana Pacers, alla ricerca disperata di giocatori per completare il roster appena decimato dalle maxisqualifiche conseguenti alla famosa gigantesca rissa provocata da Ron Artest a Detroit. Superata anche questa ultima incertezza, Hawkins, un cinghiale lo definì Pietro Bianchi dopo il primo allenamento, arrivò a Rieti giusto in tempo per la drammatica sfida con Osimo, ultima a zero punti, mentre la NSB era terz’ultima, insieme a Caserta, con 4 punti, inseguite da Sassari a 2.
Il neoacquisto della Tris fu subito determinante: segnò 18 punti, caricandosi letteralmente la squadra sulle spalle nelle battute finali del match e trascinandola alla vittoria sui marchigiani (90-79). Il pubblico andò in delirio, Hawkins fece il giro del campo distribuendo high five ai tifosi e abbracciò il futuro fraterno amico Big Gaetano Papalia. Un rituale che si sarebbe ripetuto tantissime volte al Palaloniano. Unica nota stonata: un Washington ormai divenuto un corpo estraneo, tenuto in panchina nelle battute decisive del match, e sul quale si abbattè inesorabile la scure del taglio.
L’ingaggio di Hawkins ebbe un impatto tremendo su Rieti e sul campionato: infatti, rarissimamente un rookie dell’NCAA, senza neanche aver disputato una partita di precampionato in Italia, aveva mai avuto un rendimento così determinante sin dalla prima partita ufficiale (24 punti, 6 rimbalzi, 3 recuperi di media e il 40% al tiro da 3). Fatto sta che, in breve, la Nuova Sebastiani infilò una serie di 5 vittorie su 6, sugellata dal drammatico successo prenatalizio su Scafati (77-72), grazie a un Hawkins per l’ennesima volta devastante su entrambi i lati del campo nelle battute decisive del match, e poté così chiudere il 2004 a 14 punti (7 vinte, 7 perse) rientrando in zona playoff.
Putroppo, con l’arrivo del nuovo anno e l’ingaggio del pur valido Jimmy Snap Hunter, la situazione della NSB si era nuovamente complicata. Infatti, in un modo o in un altro, pur senza polemiche di sorta, tecnicamente la squadra si era separata in due tronconi: sul campo i tre stranieri facevano il bello e il cattivo tempo mentre gli italiani erano poco coinvolti nel gioco, salvo forse Bagnoli. E così, piano piano, Rieti si era di nuovo riallontanata dalla zona playoff.
Il 24 marzo 2004, in occasione della trasferta di Ferrara, la situazione non era delle più rosee e tutti erano consci che un’ulteriore sconfitta avrebbe ancor più compromesso le possibilità di qualificazione ai playoff. In squadra non c’era molta serenità e, in più, da qualche giorno circolava anche una voce su un possibile interessamento per David Hawkins da parte della Lottomatica Roma, in cerca di un sostituto del deludente Maurice Carter. Un’ipotesi certamente poco gradita dagli sportivi reatini e che, al momento, con la squadra ancora in lotta per i playoff, fu prontamente smentita dalla società.
A Ferrara, però, un episodio del tutto imprevisto convinse Papalia a rompere definitivamente gli indugi: l’infortunio al tendine d’achille di DeMarco Johnson, dopo soli 7 minuti di gioco, che di fatto azzerò ogni residuo di equilibrio al match, perso disastrosamente 115-78 nonostante i 35 punti di un indomito Hawkins (4/7 da 2, 6/8 da 3, 9/11 ai liberi).
A quel punto la Sebastiani aveva quasi tutti i confronti diretti in classifica sfavorevoli, aveva perso DeMarco e non aveva più visti a disposizione per sostituirlo per cui, dopo una simile prova di arrendevolezza, la stagione sembrava ormai definitivamente conclusa. Del resto la salvezza matematica era già stata acquisita mentre le possibilità di acciuffare i playoff sembravano assai scarse. Papalia, quindi, ruppe gli indugi e cedette in prestito Hawkins a Roma per l’ultimo mese di regular season di A1 e per i playoff. Tale decisione, giudicata rinunciataria, non piacque ai tifosi che, per giunta, avevano chiesto anche la testa di Lasi. Per tale motivo Papalia convocò un’altra delle numerose conferenze stampa tenute durante l’arco della stagione per spiegare le cause e le modalità dell’operazione Hawkins, i progetti futuri e anche per riconfermare la fiducia a Lasi.
Hawkins, rimase a Rieti soltanto per 18 partite, ma venne comunque a Porto San Giorgio  per seguire la NSB impegnata nei playoff contro Montegranaro, compatibilmente con i suoi impegni con Roma, che trascinò alla semifinale dei playoff contro i futuri campioni d’Italia della Fortitudo Bologna, spalancandosi le porte per una fulgida carriera milionaria in Italia. Infatti, una volta messo da parte il sogno NBA, David viene sistematicamente richiesto dalle squadre che vogliono puntare al massimo, sia in campionato che in Eurolega. Il suo approdo a Siena, dopo essere transitato per Milano, è motivo di orgoglio per Rieti che, dopo Sojourner, Meely, Johnson, Gay e Bryant, una volta tornata sul massimo palcoscenico cestistico italiano, ha continuato a importare stranieri eccellenti, a partire proprio da Hawkins per proseguire con Morris Finley e Jerry Green.

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