Santangelo Matthew
Nazione: Italia
Reatino: No
 

Probabilmente Matt Santangelo è la personificazione del detto avere il pane ma non in denti. Infatti il play-guardia italo-americano, cresciuto alla Gonzaga University, probabilmente non amava il basket come avrebbe dovuto e potuto fare uno con la sua tecnica, il suo tiro e, soprattutto i suoi mezzi atletici.
Ovviamente Santangelo sfruttò bene il suo doppio passaporto, soprattutto a Siviglia, tra il 2002 e il 2005, prima di approdare a Rieti a soli 28 anni, nel pieno della maturità fisica e tecnica. Singolare, tra l’altro, che un giocatore come lui scendesse in A2 quando invece avrebbe potuto fare gola ai club di A1.
Purtroppo, a Rieti, Santangelo non ha mai giocato al livello delle sue notevolissime potenzialità. Insomma, pur raccogliendo delle buone statistiche, non aveva mai ammazzato il campionato o dominato in campo come ci si sarebbe atteso dopo il suo arrivo. Anzi, dall’inizio del 2006, quando era iniziata una piccola crisi di risultati e di infortuni della Sebastiani, Santangelo talvolta aveva un po’ peccato di leadership nei momenti più difficili. Un vero peccato per un giocatore che in allenamento eseguiva schiacciate incredibili per un atleta bianco: addirittura, durante le pause di gioco, tanto per passare il tempo, era capace di alzarsi da solo la palla per fare gli alley-oop! Eppure in campionato non fu mai visto fare una schiacciata o distruggere l’avversario come avrebbe potuto.
Probabilmente Matt non ebbe mai tra i suoi obiettivi l’idea di essere un giocatore di basket professionista anche se, le  sue innate capacità non poterono fare a meno di indirizzarlo verso questa carriera, che è stata anche ben remunerata per lui. Purtroppo, già a 28 anni, probabilmente Santangelo era stanco di questa carriera e aveva in mente altre cose. Naturalmente però, da quel serio professionista che era, i contratti andavano rispettati.
A febbraio 2006 la Benetton Treviso, priva per alcune settimane di Zisis per infortunio, chiese il play-guardia italoamericano a Rieti. Ovviamente si trattò di un fulmine a ciel sereno. Del resto per Santangelo era impossibile rinunciare al richiamo di un club che in quel momento stava lottando su tre fronti: Euroleague, scudetto e coppa Italia. Soprattutto per capire quanto ancora il basket di alto livello fosse stimolante per lui.
Ovviamente l’operazione provocò un mare di polemiche tra i tifosi, anche perché arrivava in un momento in cui la NSB aveva bisogno di giocatori come l’aria. Invece Papalia ne mandava via addirittura uno dei più importanti. Come l’anno precedente con David Hawkins. Comunque, il contratto biennale di Santangelo era onerosissimo per cui, cedendolo a Treviso, oltre ad alleggerire il budget per la stagione 2006/07, il denaro ricavato dal buyout sborsato da Treviso e dagli stipendi risparmiati per pagare l’italoamericano fino a fine stagione avrebbe permesso di intervenire sul mercato per rinforzare la Nuova Sebastiani che, dopo aver inseguito invano Bagnoli, prese Mike Wiatre, Fabio Zanelli e Donzell Rush.
Quanto a Santangelo, nemmeno l’approdo alla Benetton produsse stimoli positivi verso il basket: così Matt disputò una stagione anonima a 2 punti di media e l’anno dopo non se la sentì neanche di rispettare il secondo anno di contratto con Treviso per cui, dopo 7 gare, decise di ritirarsi. Da quel momento la pallacanestro non gli avrebbe più dato da vivere.
Per Rieti una sola considerazione, che purtroppo non troverà mai verifica: nella finale per la promozione in Legadue contro Montegranaro pesarono molto sia le prestazioni negative di Mobley sia il dominio della coppia Childress-Nikagbatse su Fazzi e Zanelli. Chissà come sarebbe andata potendo contare ancora su un Santangelo che, seppur demotivato, a Rieti aveva viaggiato a 14 punti di media col 37% da 3, più 3 rimbalzi, 3 assist e 2 recuperi? Non lo sapremo mai.

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