Partite storiche
 
Promozione in serie A. Scavolini Pesaro - Nuova Sebastiani Rieti: 73-75

Oltre alle consuete elucubrazioni sulle imminenti prestazioni di Rieti, Caserta e Rimini, perché anche i romagnoli rischiavano di salire in serie A, nonché su tutti i risultati finali possibili, l’altro grande dilemma dei giorni precedenti il 22 Aprile, giorno della disputa di Scavolini Pesaro - Sebastiani Rieti, era proprio quello riguardante la decisione di andare o no per l’ennesima volta nelle Marche a vedere la squadra del cuore giocarsi un’intera stagione. Infatti, da quando era tornata il Legadue, la Sebastiani. oltre alle ferite ancora sanguinanti per i tre playoff consecutivi persi con Montegranaro, nelle Marche le aveva sempre buscate anche da Fabriano e da Jesi, Senza contare l’altro fresco precedente della diabolica partita persa contro Imola. Insomma il timore che si verificasse il classico non c’e due (Imola, Jesi) senza tre (Pesaro) era assai forte.
In altre circostanze da Rieti sarebbero partite senza indugi migliaia di reatini. In quello storico 29 Giugno 1973 a Pesaro ce ne andarono addirittura 3000 per vedere la Brina salire in serie A. Ma questa volta c’era un po’ di titubanza, anche perché, pur battendo la Scavolini, tutto poi sarebbe dipeso dalla vittoria o meno di Caserta a Pavia. Insomma, la Sebastiani non era del tutto arbitra del suo destino come avvenne a Pesaro, nel 1973, o nelle due finali di Coppa Korac del 1979 e del 1980, o nello spareggio contro Castelmaggiore del 2000, o nella finale contro Trapani del 2004 e ancora come nei tre playoff contro Montegranaro.
Il rischio di tornare delusi da Pesaro nonostante una vittoria della Sebastiani era quindi elevato e questo fece riflettere molto anche i tifosi più accaniti. Invece ognuno dei 600 che partirono per Pesaro fece un semplice ragionamento: Sarà un partita difficilissima, ma se poi dovessimo andare in serie A potrei mai perdonarmi di non essere andato? Di non poter dire io c’ero? E poi infondeva ulteriore fiducia l’incredibile ricorso storico per cui, dopo circa 34 anni, la Sebastiani sarebbe tornata di nuovo a Pesaro a giocarsi ancora una volta la promozione in serie A.
Per chi decise di rimanere a casa il programma non era comunque malvagio: mentre si ascoltava la radiocronaca dalle Marche si poteva contemporaneamente gufare contro Caserta guardando la partita di Pavia in televisione, sperando in una grande prestazione di Bagnoli. Magari facendo ogni tanto una telefonata a qualche amico che invece era a Pesaro per sentirne le impressioni a caldo.

I primi 40 minuti

La Scavolini, come per quasi tutta la stagione, fece ancora a meno di Carlton Myers, tormentato da una interminabile serie di infortuni e di ricadute. Si trattava di un’assenza importante però, pensando giustamente ai playoff, il tecnico pesarese Alessandro Ramagli, subentrato durante la stagione al pur bravo Marco Calvani, preferì rinunciare al suo fuoriclasse. Del resto i marchigiani erano già abituati a giocare senza l’ex portabandiera dell’Italia alle olimpiadi di Sydney 2004.
L’avvio della Sebastiani fu un po’ incerto. Melvin e soci ci misero qualche minuto per entrare in partita (9-5 per Pesaro al 4’). La difesa però teneva bene per cui il primo segnale, positivo, sia per i reatini presenti, sia per quelli attaccati alla radio, fu la certezza che non si sarebbe verificata un’altra Imola o a un’altra Jesi.
Nel frattempo a Pavia per vari motivi la partita era iniziata con una decina di minuti di ritardo. Comunque le prime notizie che arrivavano dalla Lombardia, dove c’erano 500 tifosi casertani, erano buone: pavesi sempre avanti 24-19 al 10’, 34-26 al 15’.
Sul parquet di Pesaro la Sebastiani chiuse il primo quarto in svantaggio 17-13 e nel secondo apparve in crescita. Al 13’ Rieti siglò il suo primo vantaggio con una tripla di Prato (20-22). Tra gli avversari, Zukauskas aveva già problemi di falli, cosi come Podestà per merito di Helliwell. Melvin stava crescendo e si stava imponendo sul fuoriclasse White e Prato stava confermando di essere in giornata positiva. La vera spina nel fianco era Hicks, ma le attenzioni di Rosselli iniziavano a limitarlo a dovere. Bonora dettava buoni ritmi mentre le triple di Smith non volevano saperne di entrare. Rieti andò al riposo con un piccolo ma incoraggiante vantaggio (33-35) quando tutta l’attenzione tornò a focalizzarsi sul campo ritardatario di Pavia dove al 20’ le squadre si ritrovarono in perfetta parità: 42-42. A quel punto, saggiamente, gli arbitri decisero che la partita sarebbe ripresa contemporaneamente a quella di Pavia per evitare ogni rischio di eventuali calcoli o aggiustamenti di sorta.
Nel terzo quarto la Sebastiani diede l’impressione di poter prendere il largo. Smith, ben spalleggiato da Melvin e Helliwell, disputò 10 minuti alla sua altezza e per ben 2 volte Rieti andò a +8 (39-47 al 24’ con un canestro di Rosselli. 41-49 al 26’ con Helliwell) senza però riuscire a incrementare il vantaggio. Chiaramente l’importanza della posta in palio rendeva pesantissimo ogni pallone ma per fortuna la Sebastiani riusciva a mordere in difesa rimediando a qualche errore offensivo di troppo. Dopo 30’ la Scavolini inseguiva 51-55 mentre Pavia aveva accumulato un 69-59 che dette coraggio a tutti i tifosi, sia a Rieti che a Pesaro. Gli unici a non sapere cosa stesse facendo Caserta erano Lardo e i suoi uomini, concentratissimi soltanto sulla loro partita. L’ultimo quarto sarebbe stato vietato ai deboli di cuore.
Purtroppo Helliwell commise il 4° fallo e Pesaro approfittò del suo ritorno in panchina per rimontare. Per fortuna Melvin (che avrebbe chiuso con ben 16 rimbalzi all’attivo) dominava sotto le plance ed anche Cittadini, dopo un paio di banali errori in attacco realizzò due canestri importanti (56-59 al 34’). Sfortunatamente Smith, dopo un terzo quarto incoraggiante si stava di nuovo smarrendo al tiro. Ci pensò però Prato a segnare dai 6.25 il canestro del 56-62 al 35’.
Ora una breve pausa. Giusto per far capire l’atmosfera all’interno dell’Adriatic Arena. Quelli che seguono il basket conosco bene l’Ape Andrea, la simpatica mascotte di Pesaro che con le sue gag e i suoi scherzi guida il tifo locale (sempre a favore della Scavolini e mai contro gli avversari) contribuendo a mantenere un clima rilassato nel palasport. Ad assistere alla partita, compresi i reatini, c’erano all’incirca 4000 persone, forse di più. I sostenitori locali tifavano in maniera composta per la loro squadra, probabilmente consci che non era quella la partita della stagione per la Scavolini, mentre i tifosi di Rieti, col trascorrere dei minuti, vedendo materializzarsi sempre di più il sogno della serie A, si stavano facendo più rumorosi finché a un certo punto si sentivano soltanto loro dentro l’immensa Adriatic Arena. A questo punto, durante un time-out, l’Ape Andrea prese uno dei cubi per i cambi dei giocatori, andò a centro campo e con un gesto plateale lo fece cadere rumorosamente sul parquet per richiamare l’attenzione generale. Quindi vi salì sopra, diede uno sguardo alla curva dei reatini, come per dire Adesso vi faccio vedere io. Poi, come un direttore d’orchestra, si rivolse ai pesaresi e diede loro il via. In pochi però, e con scarsa convinzione, seguirono le indicazioni dell’Ape. I tifosi reatini erano ormai padroni dell’arena. Andrea dovette arrendersi e si mise a seguire la partita in un angolo del campo opposto alle panchine. Quando poco dopo Pesaro subì una tripla da Melvin (al 37’, 59-65), un reatino seduto in prima fila nel parterre a bordo campo sentì distintamente una voce imprecare porco qui, porco la, mannaggia questo, mannaggia quello. Il reatino si voltò e vide che si trattava di Andrea che era incazzato (licenza poetica) come un’ape. Chi altri?
Pesaro replicò al tripla di Melvin con 2 canestri di White e Montonati, intervallati da 2 liberi di Zukauskas, e riacciuffò la Sebastiani al 38’ (65-65). A quel punto fu il panico. Qualche tifoso e perfino un giornalista reatino di cui non riveliamo il nome non ce la fecero più e abbandonarono il palasport accontentandosi di intuire dall’esterno le sorti della partita ascoltando le urla del pubblico. In tribuna stampa regnava il caos totale mentre si cercava di seguire contemporaneamente quello che accadeva in campo e le partite di Pavia e Casale Monferrato dove giocava Rimini che, vincendo, sarebbe salita in serie A in caso di contemporanea sconfitta di Rieti e Caserta. Sugli spalti e a Rieti davanti a televisori, radio, computer e telefoni vari era tutti preoccupatissimi. Qualcuno stava anche meditando il suicidio come fanno certi tifosi brasiliani quando la nazionale di calcio perde il mundial.
Dopo un canestro di Melvin (65-67 a 38’25”) e un errore di Hicks (38’45”) Rieti gestì bene la palla servendo dietro l’arco dei 6.25 Prato che ebbe il tempo di caricare il tiro e di sparare la tripla. La sfera entrò tutta nel canestro. 600 reatini esultarono di gioia ma le loro voci si spezzarono in gola perchè, non si sa bene a causa di quale strana legge della fisica, il pallone riuscì fuori. C’era da impazzire. Zukauskas invece non sbagliò il tiro pesante del 68-67 (39’). I reatini non sapevano più a che santo votarsi.
Intanto da Casale Monferrato giunse la notizia che Rimini aveva vinto. A Pavia invece Caserta stava perdendo. Se le partite fossero terminate tutte in quel momento Rimini sarebbe stata promossa in serie A. La più atroce delle beffe per Rieti. In campo però nessuno conosceva i risultati. Si pensava solo a non mollare.
Per la seconda volta consecutiva Prato fu servito nuovamente appostato dai 6.25 e questa volta la palla attraversò tutta la retina: 68-70 (39’10”). Probabilmente fu il canestro più importante della partita perché rintuzzò subito il ritorno in vantaggio di Pesaro. White però replicò sfoderando tutta la sua classe pareggiando 70-70 (39’30”). Ultimo possesso per la Sebastiani. Melvin pasticciò col palla ma poi la recuperò servendo Rosselli che però fini fuori campo (39’40”). Pasticcio anche da parte di White e sfera nuovamente a Rieti ma ormai non c’era più tempo per provare a fare qualcosa. Supplementare.
Saggiamente quelli dal cuore tenero che avevano temporaneamente abbandonato il Palasport e che non avevano capito un emerito tubo di quanto era accaduto all’interno, si fecero coraggio e rientrarono dentro. Bisognava essere forti.
Durante la breve pausa si riuscì a sapere che Pavia vinceva 81-77 (38’30”) e che Labella era in lunetta. Il casertano fece 1/2 (81-78) e poi i campani commisero subito fallo per fermare il cronometro. Non c’era però più tempo per ascoltare perchè a Pesaro il gioco stava riprendendo.

Il supplementare

A 2’10” dal termine la Sebastiani aveva accumulato 4 punti di vantaggio (70-74) nonostante qualche errore in lunetta del pur ottimo Cittadini. Poco dopo Helliwell commise il 5° fallo su Hicks che però fallì entrambi i tiri liberi a disposizione. Un segno del destino? Dopo il rimbalzo catturato da Rieti, Smith, pressato da una difesa neanche troppo asfissiante, commise una banale infrazione di 8” nel superare la metà campo e restituì la palla a Pesaro che, con una tripla di White, accorciò le distanze (73-74, -1’58”).
A 1’44” dalla fine un boato proveniente dalla tribuna reatina annunciò a tutti che Simone Bagnoli aveva mantenuto la promessa e che Pavia aveva fatto in pieno il suo dovere battendo Caserta. Grazie di cuore! Il risultato finale non era più un segreto neanche per gli uomini di Lardo riuniti in un time-out. Finalmente, la Sebastiani era tornata totalmente padrona del suo destino e non poteva più sbagliare. Dipendeva tutto esclusivamente da lei.
Al rientro in campo seguirono alcune fasi confuse di gioco: dopo aver rischiato di perdere palla, Prato eseguì una rimessa per Rosselli che pescò Smith smarcato. Per l’esterno reatino però non era serata: la sua tripla si stampò sull’anello e Cittadini non riuscì a trasformare il rimbalzo, preda di White, che azzardò un coast to coast perdendo palla a sua volta.
1’30” alla fine della tortura: tripla mancata da Melvin, rimbalzo di Cittadini, palla persa. Anche dall’altra parte però prevalse la confusione grazie a uno sfondamento di Montonati a 50” dal termine del tormento. Il pallone non voleva saperne di entrare e negò ancora una volta a Smith la soddisfazione del canestro da 3 a 24” dalla fine dello stillicidio. Errore però anche sull’altro lato del campo ad opera di Hicks, scivolato a 10” dalla fine del martirio.
Ultimo possesso per la Sebastiani. Smith, fermato fallosamente da Montonati a 3” dalla conclusione dell’inferno, sbagliò il primo tiro libero e realizzò il secondo (73-75). Ora la Sebastiani doveva difendere senza concedere il tiro da 3 a Pesaro evitando anche di incappare in un fallo da 3 tiri liberi. White, dopo aver ricevuto la rimessa provò a servire un compagno con un passaggio lungo che fu intercettato e deviato fuori campo da Bonora.
1’22” alla sentenza finale: ultima rimessa per Pesaro, effettuata da White. Palla nelle mani di Robert Fultz, appostato dietro la linea dei 6.25 sull’angolo opposto alle panchine, senza il tempo per pensare e caricare bene il tiro per evitare l’appiccicosa difesa reatina. La palla partì, 600 cuori erano in stato di semiarresto cardiaco mentre 1200 occhi seguivano la parabola cercando in qualche modo di deviarla. Su quel pallone non c’era stampata la marca ma il marchio Serie A per Rieti. La sfera colpì l’anello, rimbalzò e fu catturata da Bonora che fuggi via in palleggio mentre la sirena dell’Adriatic Arena sanciva il 73-75 e la fine di tutti i giochi. 12.349 giorni dopo lo spareggio di Pesaro contro l’Ivlas Vigevano, 24 anni dopo quel nerissimo 1983 in cui iniziò una lunghissima discesa verso un interminabile inferno, la Sebastiani Rieti era tornata in serie A!!!
Il modo migliore per Papalia di festeggiare la fine della squalifica per le famose magliette di solidarietà ai diffidati.

Lo storico tabellino:

SEBASTIANI RIETI: Rosselli 2, Bonora 5, Cittadini 5, Feliciangeli, Helliwell 13, Melvin 14, Prato 22, Mian 6, Smith 8, Rizzo ne.
SCAVOLINI PESARO: Montonati 2, Morri 5, Tomassini, Fultz 9, Hicks 22, Podestà 10, Zukauskas 6, White 19, Dordei e Facenda ne.

Mentre i tifosi reatini dilagavano sul parquet per festeggiare e abbracciare i loro beniamini, Lino Lardo, con tempismo incredibile sgattaiolò negli spogliatoi a godersi personalmente la vittoria. Circa un’ora dopo, fuori dagli spogliatoi, e poi a notte fonda, in piazza Vittorio Emanuele, si sarebbe concesso con piacere al bagno di folla ma in quel momento volle assaporare così, in piena solitudine, la gioia di quel successo arrivato dopo 9 lunghi mesi di lavoro, di sacrifici ed anche di sofferenze inaspettate.
Mentre sul parquet di Pesaro si procedeva al rituale scalpo della retina e alle consuete scene di giubilo, a Rieti erano scattati i cortei di auto. Questa volta però non si trattava di festeggiare la vittoria dell’Italia ai campionati del mondo di calcio. Questa volta si festeggiava la Sebastiani, come nel 1973, come nel 1980, come nel 2004. Era una festa nostra, esclusivamente di Rieti, attesa da ben 24 anni, che per vari lustri nessuno avrebbe mai creduto di poter più celebrare e che ora nessuno poteva più impedire che esplodesse.
Molti dei tifosi che erano a Pesaro si affrettarono a tornare a Rieti per partecipare ai festeggiamenti e per aspettare il ritorno della squadra. Coloro che come via di ritorno optarono per l’autostrada A14 fino a San Benedetto del Tronto, quando transitarono davanti al casello di Porto San Giorgio e videro in alto la sagoma bianca del PalaSavelli, aprirono i finestrini e cominciarono a urlare Preparatevi! Stiamo arrivando! Qualcuno, un po’ troppo su di giri, propose anche di uscire per un attimo dall’autostrada per andare a lasciare qualche messaggio sui muri del palasport ma fu prontamente ripreso da tutti gli altri. La civiltà è la civiltà!
L’attesa per il ritorno della squadra da Pesaro fu lunga e piacevole. Alle 3.30 del mattino almeno 500 persone erano in piazza Vittorio Emanuele ad accogliere l’autobus della Sebastiani che si fermò davanti alla fontana. I giocatori salirono sul tetto del pullman per raccogliere un’altra meritata ovazione. La sorpresa più bella e inaspettata furono i fuochi d’artificio. Poi i giocatori scesero a raccogliere un’altra razione di baci, abbracci, richieste di foto e autografi. Feliciangeli, Bonora e Prato si erano rapati a zero mantenendo una promessa. Lardo aveva ormai perso il suo aplomb e scherzava con tutti. Faceva un po’ freddino per cui nessuno tentò di tuffarsi nella fontana. Alcuni tifosi che per un motivo o un altro non erano andati a Pesaro faticavano a perdonarsi di non essere partiti ma poi, consolati da chi era andato, si riprendevano pensando alla prossima stagione. Una piccola prova delle grandi emozioni vissute? A distanza di ore molti ancora non ricordavano il risultato e lo scarto finale della partita. Si andò avanti così ancora per un’ora abbondante finché la stanchezza fu l’unica quella sera che riuscì a sconfiggere la Sebastiani e i suoi tifosi.

La mattina del venerdì successivo, Gaetano Papalia, la squadra e tutto lo staff furono premiati in Comune dal Sindaco Giuseppe Emili mentre nel pomeriggio al PalaSojourner ebbe luogo la festa per celebrare la promozione. All’esterno, dalle 18.30 in poi, musica, degustazioni e bevute per tutti; all’interno, dalle 20.30, cerimonia ufficiale inaugurata dal mitico Dan Peterson, maestro di cerimonie insieme a Roberto Pentuzzi, con la famosissima frase Mamma butta la pasta, Rieti è in serie A!
Peterson mancava da Rieti dal 1982, quando la sua Billy Milano vinse di un solo punto (76-77) una contestatissima partita passata alla storia per un fallo all’ultimo secondo commesso su Gianfranco Sanesi da Mike D’Antoni, attuale coach NBA dei Phoenix Suns, che non fu fischiato dall’arbitro Montella scatenando così un tumultuoso dopopartita che costò alla Sebastiani 3 giornate di squalifica. Da li prese il via la retrocessione dalla Serie A1.
Naturalmente si tratta di acqua passata e gli oltre 2000 presenti furono ben contenti di rivedere a Rieti il Nano Ghiacciato allegro per il ritorno della Sebastiani in serie A mentre raccontava aneddoti del passato, spiegava che l’Arrigoni era stata una delle più belle squadre da lui mai affrontate oltre a presentare a modo suo i nuovi, freschi eroi della tifoseria reatina.
La cosa più incredibile della serata fu vedere Gaetano Papalia presentarsi al PalaSojourner con la barba tinta di amarantoceleste. Il che non gli impedì di intrattenersi con la massima naturalezza con i numerosi ospiti: il presidente del CONI Gianni Petrucci, il presidente della Regione Piero Marrazzo, il presidente della Provincia Fabio Melilli, l’Assessore allo Sport della Provincia Vincenzo Rinaldi, l’Assessore allo Sport del Comune Giuliano Sanesi, il Presidente del Comitato Regionale FIP Gaetano La Guardia e il Presidente della Legadue Valentino Renzi, giunto per consegnare alla Sebastiani il trofeo ufficiale per i Campioni 2007. Non poteva neanche mancare Roberto Brunamonti, la cui fulgida carriera da giocatore eveva preso il volo proprio a Rieti.
Tra un discorso ufficiale e una premiazione il momento più bello è stato quando giocatori e staff, uscendo uno alla volta dal tunnel degli spogliatoi, si sono consegnati alla standing ovation dei tifosi a cui ha fatto seguito un lungo filmato proiettato su uno schermo gigante che ha ripercorso la storia della Sebastiani dalla promozione in Legadue del 2004 a quella in serie A di 5 giorni prima. Ogni momento è stato sottolineato da cori, fischi (ogniqualvolta appariva Montegranaro) e attimi di commozione quando sono apparse le immagini del ritorno di Willie Sojourner a Rieti. A tale proposito in molti hanno sottolineato che la domenica precedente lo Zio stesse seguendo la partita di Pesaro dall’alto e che quando Fultz sganciò la tripla della disperazione il buon Willie abbia allungato una mano dal cielo per piazzare l’ennesima stoppata. Alla fine tutti in campo, giocatori e tifosi, per autografare manifesti, foto, magliette, pantaloncini e quant’altro fino a farsi venire i crampi alle mani e a posare per centinaia di foto e riprese varie.

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