Campionati
 
2006 / 2007

Non bastarono tonnellate di fair-play per riuscire a digerire la terza sconfitta consecutiva nei playoff ad opera di Montegranaro. Oltre ad alcuni giocatori, come sempre accade in questi casi, finì sulla graticola anche Maurizio Lasi il quale, nonostante la promozione in Legadue ottenuta nel 2004, e l’aver scoperto giocatori come David Hawkins, Jimmy Snap Hunter e Marcus Melvin, durante i tre campionati e mezzo di permanenza a Rieti, era stato vivisezionato di frequente, spesso immeritatamente, dall’esigentissima piazza reatina una cui parte riteneva che il suo ciclo fosse ormai giunto al termine. E ci fu anche chi predicava un rimaneggiamento di tutto lo staff tecnico.
Per tutta risposta Gaetano Papalia si presentò a RTR la settimana dopo la debacle con Montegranaro per annunciare la riconferma di Lasi, che aveva ancora un anno di contratto, e dello staff tecnico a cui però annunciò che intendeva affiancare un general manager di grande esperienza che fungesse da suo vero e proprio alter ego. In tema di giocatori, invece, conferma sicura per capitan Fazzi. Il resto, tutto da definire.
La riconferma di Lasi, come prevedibile, divise in due la tifoseria, unanime invece nell’approvare quella di Fazzi. Nel frattempo, il presidente aveva contattato Andrea Luchi, esperto ex GM a Montecatini, Messina e Pesaro ma la trattativa non andò a buon fine sia per motivi economici sia perché Luchi voleva, come suol dirsi, troppa carta bianca riguardo alla gestione della squadra.
Nel giorni successivi, la riconferma di Fazzi fu sempre meno certa fino ad assumere contorni da vera e propria telenovela, sui quali è meglio non indagare perché, come spesso accade in questi casi, la verità non si saprà mai. Alla fine la società, tra il malumore generale, decise di rinunciare al playmaker originario di Caserta. Come se non bastasse anche Fabio Zanelli, tra i più positivi durante i playoff, mentre la Sebastiani stava lavando qualche panno sporco in casa, ruppe ogni indugio e colse al volo l’opportunità di giocare in serie A ad Avellino. A Rieti ben pochi gradirono.
E così, tra un mugugno e l’altro, si arrivò a fine Giugno. Maurizio Lasi come di consueto partì per la Summer League organizzata dalla Benetton, in programma a Jesolo, per dirigere una delle 8 squadre partecipanti. Questo appuntamento, ormai decennale, sancisce ufficialmente l’inizio del mercato di serie A e Legadue e durante i 4/5 giorni di svolgimento è un’occasione di incontro per manager, allenatori e procuratori per iniziare le prime trattative.
Stranamente, alla fine della seconda giornata di svolgimento della Summer League, né Papalia, né Riva, né Zampolini si erano ancora affacciati a Jesolo, come invece avevano già fatto quasi tutti i colleghi delle altre società di serie A e Legadue. La cosa fu anche fatta notare a Lasi che però non sospettava i reali motivi di questa assenza. Infatti Papalia, dopo aver preannunciato in nottata al tecnico la volontà di rinunciare a lui per la futura stagione, il giorno successivo piombò a Jesolo per dargli la conferma ufficiale. La decisione, dopo la sofferta rinuncia a Fazzi, scaturiva dal fatto che la nuova stagione rischiava di iniziare con scarsa serenità per cui il presidente aveva deciso di ripartire da zero ricreando una situazione, per così dire, totalmente vergine da qualsiasi pregiudizio e dunque più serena.
Il nuovo coach ? Era già pronto, ecco spiegato l’arrivo tardivo di Papalia e soci a Jesolo, si trattava di Lino Lardo, il cui profilo è nella sezione Personaggi e Allenatori.
Papalia e il suo staff si intrattennero anche a lungo con Roberto Brunamonti, GM di Roma, che stava per acquisire Simone Bagnoli il quale poi sarebbe stato dato in prestito alla Sebastiani coronando così il sogno del pivot toscano di tornare a giocare nella sua città d’adozione.
Lardo era stato fino all’ultimo in competizione con Alessandro Ramagli, ex Biella, però, a dire il vero, ogniqualvolta tirava vento di fronda per Maurizio Lasi, nei desideri dei tifosi falegnami che volevano segargli la panchina, il nome dell’ex coach di Milano era sempre in vetta alla classifica. La prova di ciò la poté constatare Lardo in persona, l’11 Luglio, quando fu presentato agli sportivi all’hotel Quattro Stagioni: almeno duecento tifosi lo abbracciarono calorosamente dichiarandogli amore a prima vista. Il coach, tra il sorpreso, il confuso e il lusingato, ringraziò, promise massimo impegno, rammentando però che raggiungere la serie A non sarebbe stato la passeggiata che molti già pregustavano e che tutti avrebbero dovuto contribuire a ottenere questo risultato. Non fu un cattivo profeta.
Già persi per strada Fazzi e Zanelli, la Sebastiani salutò anche il pivot Emanuele Rossi il quale aveva bisogno di giocare tanti minuti in B1 (con la Virtus Siena sarebbe stato il miglior pivot della B d’Eccellenza con 13 punti e 11 rimbalzi di media) e Thomas Mobley, totalmente deficitario nella finale con Montegranaro.
Fu invece confermato Marcus Melvin dopo che Lardo, intuendone il talento ma anche temendone certi limiti, volle espressamente vedere alcune partite in cui il buon Marcus giocò male per capire se si poteva lavorare sul ragazzo e se aveva margini di miglioramento. Alla fine il coach sentenziò che Melvin aveva stoffa da vendere.
A questo punto c’era da risolvere il dilemma del pivot. Probabilmente Lardo aveva intuito che Bagnoli, pur entrato nel giro della nazionale sperimentale, messo sotto contratto da Roma e dotato di indubbie qualità tecniche e fisiche, in qualche modo avrebbe potuto incontrare difficoltà col suo sistema di gioco. Allo stesso tempo però l’ex tecnico di Milano comprese le aspirazioni del ragazzo di ricambiare l’affetto di Rieti. E poi l’affare Bagnoli era stato già chiuso da Papalia con Roma nella fase tra l’esonero di Lasi e l’arrivo del nuovo tecnico. Quanto al pivot da affiancare a Bagnoli, dopo lunga riflessione Lardo optò per la riconferma di Chris Pearson, rinunciando all’italoamericano Donzell Rush. Una volta confermati Picchio Feliciangeli, promosso capitano, e il promettente Guido Rosselli c’erano ancora cinque posti vacanti da riempire.
Per il secondo extracomunitario, dopo aver inseguito giocatori che chiesero la luna (come Hatten), o rifiutarono di giocare in Legadue (come Grundy) o vollero aspettare invano le sirene NBA (come Langford) alla fine la scelta cadde su un giocatore già noto in Italia: l’ex Montecatini e Biella Joe Troy Smith,  in grado di ricoprire il ruolo di guardia e di playmaker. Al suo fianco fu scelto Davide Bonora, il cui profilo è nelle sezioni Personaggi e Giocatori. Qualcuno eccepì che il Pando (il soprannome di Bonora dai tempi di Verona) dopo 16 anni di battaglie in serie A e a livello internazionale (una sola stagione in A2, nel 1992/93 a Verona, culminata con la promozione) potesse essere un po’ logoro, però i 33’ minuti ad allacciata di scarpe giocati la stagione precedente ad Avellino in 34 partite e le assicurazioni di Giuliani, suo ex coach ad Avellino l’anno prima deponevano a favore di Bonora.
Ma i due grandi colpi (come se già non bastassero Bagnoli, Smith e Bonora) che fecero della Sebastiani la vera regina del mercato furono quelli dell’alpino Michele Mian, il cui profilo è nelle sezioni Personaggi e Giocatori, e del gaucho Patricio Prato, il cui profilo è nelle sezioni Personaggi e Giocatori, sul quale garantiva ancora una volta Giuliani, suo ex coach ad Avellino. A quel punto i tifosi reatini avevano ormai del tutto dimenticato l’ultima batosta con Montegranaro e iniziarono a pregustare il campionato 2006/07 come una piacevole cavalcata solitaria.
A completare il roster, nel ruolo di quarto lungo, con già 9 uomini 9 da quintetto a disposizione e bisognosi di minuti, Lardo non optò su un giovane di belle speranze da plasmare, ma su un giocatore esperto, che sapesse impegnare e difendere sui lunghi in allenamento e che non storcesse la bocca se la domenica sarebbe rimasto 40 minuti in panca. La scelta cadde su Massimiliano Rizzo.
La squadra era fatta, anche con una certa rapidità, e tanti addetti ai lavori, non di Rieti, definirono la Sebastiani illegale per la Legadue. Addirittura migliore della Scavolini Pesaro di sua maestà Carlton Myers. L’entusiasmo cresceva di giorno in giorno, ma un singolare episodio fu il presagio che la stagione imminente non sarebbe stata tutta rose e fiori come molti si aspettavano.
Quanti giocatori statunitensi sono arrivati in Europa nei decenni precedenti? A migliaia. E quanti di loro hanno avuto qualche piccolo guaio come quello che capitò a Marcus Melvin? Non lo sapremo mai. Sicuramente i limiti delle comunicazioni tra continenti nell’epoca che ha preceduto la rivoluzione di internet hanno permesso a decine di giocatori a stelle e strisce di nascondere qualche piccola marachella, e anche di sfuggirne gli effetti, senza che se ne sapesse alcunché da questa parte dell’oceano. Ma al giorno d’oggi la rete non da nessuna via di scampo e non permette di nascondere più nulla. E così, le conseguenze di una banale scenata di gelosia che coinvolgono un giocatore di basket e che, al massimo, possono avere rilevanza nella cronaca locale di una piccola città della North Carolina, nel giro di poche ore riescono a fare il giro del mondo e a mettere in subbuglio una piccola città del Lazio.
Facciamo un esempio. Se il portiere del Rieti calcio ha un litigio con la fidanzata che degenera un po’ e finisce in tribunale, un simile episodio a chi può interessare? Ma siccome al giorno d’oggi internet è un aspirapolvere che cattura e risputa tutto a casaccio, un fatto del genere viene comunque regolarmente diffuso in ogni parte del mondo.
Se però la ragazza di Marcus Melvin, a casa sua, gli fa una scenata di gelosia e se poi, presa dalla rabbia, va alla polizia e dichiara che durante il diverbio il fidanzato ha tentato di strangolarla - anche se i filmati del giorno dopo della tv locale (non della CNN), all’uscita dal tribunale e diffusi su internet (anche questa è la potenza della rete) riprendono volto e collo della presunta vittima intatti, senza graffi, escoriazioni ed ecchimosi di sorta – tale notizia, grazie al sito internet dei quotidiani locali (mica di USA Today o dell‘Herald Tribune), in un baleno riesce a rimbalzare nell’unico luogo della Terra a cui tale storia può interessare: cioè a Rieti.
Ora, dopo una breve pausa per riflettere sui matriarcali Stati Uniti, dove simili denunce da parte delle ladies locali nei confronti dei loro gentlemen sono all’ordine del giorno come in nessun’altra parte del mondo, immaginate le reazioni a Rieti dove, proprio sottovalutando la potenza di quella brutta bestia che è internet, la Sebastiani, in attesa di notizie rassicuranti da parte dei legali di Melvin, cercò invano di minimizzare il fatto sperando che passasse inosservato.
Come già detto, venti, trenta, quaranta e più anni fa, un giocatore nella stessa situazione di Melvin, avrebbe chiarito nel giro di 24 ore la sua posizione, magari versando una cauzione, proprio come fece il buon Marcus, con biglietto e bagagli già pronti per l’Italia, il giudice avrebbe rimandato il dibattito, i cui termini erano del resto già stati debitamente ridimensionati, a dopo il suo ritorno negli USA a fine stagione e nessuno quasi sicuramente ne avrebbe mai saputo niente. Però, come già detto, nell’era di internet nascondere tutto ciò è impossibile.
E così la notizia, proprio alla vigilia del precampionato, deflagrò in maniera eclatante, tipo sbatti il mostro in prima pagina, sia a livello locale che nazionale, per la comprensibile preoccupazione di Lino Lardo, convinto dalle indubbie qualità tecniche di Melvin a soprassedere sulle voci di qualche suo comportamento fuori dal campo un po’ da ragazzaccio. Nulla comunque di paragonabile al presunto strangolamento della sua girl-friend.
Se un fatto del genere fosse accaduto qualche settimana prima, forse ciò avrebbe potuto indurre la Sebastiani a rinunciare a Melvin. E sicuramente un pensierino del genere perlomeno deve essere stato fatto. Invece, dal momento che si era alla vigilia del raduno precampionato e che il giudice aveva dato subito luce verde per l’espatrio dell’ala della Sebastiani, due giorni dopo, alla presentazione ufficiale della squadra in piazza Vittorio Emanuele, il buon Marcus fu accolto dal coro degli ultras al grido di Melvin libero! Melvin Libero!
Pur con qualche patema da parte di Lardo e dopo una paternale ramanzina a Marcus da parte di Big Gaetano il precampionato della Sebastiani poteva partire con Melvin nell’antipatico ruolo di osservato speciale. Sfortunatamente questa vicenda giudiziaria avrebbe successivamente avuto una inaspettata coda in un momento delicatissimo della stagione.
Il precampionato di Rieti fu molto incoraggiante. Unica nota stonata, anche mai suonata prima e durante la stagione, eppure ce ne sarebbero stati validi motivi vista l’onerosità della squadra ed anche i precedenti degli anni scorsi in cui il presidente Papalia lo aveva fatto notare in numerose conferenze stampa, era l’assenza di uno sponsor principale. L’argomento economico però, come già detto, non fu mai sollevato anche se noi, da affezionati tifosi, memori dei problemi vissuti nei decenni passati dalla società, avendone sempre avuto a cuore la longevità e la sopravvivenza, ci permettiamo di farlo notare.
Il campionato poteva comunque partire e alcuni acuti osservatori fecero notare che l’ultima gara di ritorno si sarebbe disputata a Pesaro. Proprio dove, nel 1973, la Sebastiani aveva conquistato la prima, storica, promozione in serie A. Forse era ancora prematuro parlarne, ma quel ricorso storico iniziò a stimolare la fantasia, come se per tale motivo Rieti potesse contare in un sicuro asso nella manica da giocarsi all’ultimo momento, in caso di necessità. Ma per sapere se questo presagio sarebbe stato esatto o no non restava che armarsi di pazienza e aspettare. E ce ne sarebbe voluta nel corso della stagione.
La prima uscita di campionato, in casa contro Castelletto Ticino, parve rassicurare società, sportivi e addetti ai lavori sulla potenza della Sebastiani: gli ospiti furono travolti 84-53 grazie alle doppie doppie di Melvin (23+12) e Bagnoli (19+13) oltre ai 19 di Smith. Ma in realtà, non fu altro che un fuoco di paglia. Infatti, solo successivamente ci si rese conto che la Sebastiani aveva asfaltato quella che sarebbe stata la più debole squadra della prima fase della stagione (partenza 1 vinta, 9 perse). Però, almeno per quella domenica andava bene così. Anche perché la Scavolini Pesaro aveva esordito perdendo a Montecatini. Ma per aprire gli occhi a tutti sarebbe stata sufficiente la seconda uscita, in trasferta a Pavia.
La Sebastiani, seguita a Pavia, da una trentina di fiduciosi tifosi, iniziò subito col piede sbagliato: evanescente in attacco e distratta in difesa. Chiavi del match: l’eccessiva libertà concessa a Gatto (29 punti, 6/9 da 2, 5/7 da 3) e la difficoltà di Bagnoli a rispettare certe disposizioni di Lardo che gli fece fare un bell’avantindietro dalla panchina al campo (solo 11 minuti sul parquet). Morale: 14-4 al 3’, 57-42 al 25’ per i padroni di casa. A quel punto ci fu l’impennata d’orgoglio di Smith (23) e, dopo un avvio stentato, anche da parte di un Melvin (12 p., 8 r.) desideroso di farsi perdonare. Al 31’ Rieti andò avanti 64-65 al 32’ ma poi commise errori madornali su palloni decisivi e perse 84-78. Degli altri, da salvare un volenteroso Pearson (13).
La conferma che qualcosa non girava ancora a dovere giunse dalla successiva trasferta di Rimini, dove ci si aspettava una grande prestazione di Bagnoli contro il club da cui l’anno precedente aveva fatto di tutto per andarsene e tornare nella sua Rieti. Invece, la prova di Simone (ancora solo 11 minuti di gioco con 4 punti) fu anche inferiore a quella di Pavia. Dopo10’ equilibrati (27-24) Rimini andò a +14 al 13’ (39-25) che divennero 18 (69-51) dopo 25. Come una settimana prima a Pavia la Sebastiani si risvegliò ancora una volta troppo tardi, grazie alla regia di Bonora (11), a Melvin (20 p. e 8 r. e a un buon Pearson (10) arrivando fino all’88-86 a 1’40” dal termine. La rimonta però si fermò li e Rimini vinse 93-88.
Era scattato un segnale d’allarme anche se tutti pensarono che, una volta trovata da Lardo la giusta posizione in campo per Bagnoli, tutto sarebbe andato a posto. In fondo, a inizio stagione due sconfitte così ci potevano stare anche perché, come suol dirsi, la squadra era ancora in rodaggio. Quanto a Caserta, terza forza del campionato, seppur imbattuta, prima o poi sarebbe stata ripresa. Ma nessuno immaginava che l’inseguimento ai campani sarebbe durato per altre 25 domeniche.
L’incontro casalingo con Casale Monferrato, nell’anniversario della morte di Willie Sojourner, registrò anche il ritorno a Rieti dell’ex capitano Cristiano Fazzi che fu sommerso di ovazioni. Gli ospiti opposero adeguata resistenza perdendo 78-68, mentre Bagnoli, osservato speciale, chiuse in doppia doppia (12+10).
Il successivo match interno con Ferrara si disputò a Roma, al PalaTiziano, perché il PalaSojourner, era occupato dai concerti di Claudio Baglioni. Gli emiliani, già maltrattati in precampionato, furono sotterrati 90-59 nonostante l’assenza di Mian per una frattura a una costola rimediata in allenamento. Bagnoli (8) fu normale. In compenso brillarono le doppie doppie di Melvin (15+13) e Feliciangeli (12+12), oltre a Smith (20) e Prato (13).
Il trend positivo sembrò proseguire a Sassari, battuta 70-89 (Bagnoli 16, Prato 20, Smith 15, Melvin 12 p. e 9 r.) e a Rieti, contro Montecatini, surclassata 93-71 grazie ai 21 di Smith, ai 19 di Melvin (più 9 r.) e ai 18 di Mian che giocò con una fasciatura alla cassa toracica.
Il parziale di Rieti, dopo le sconfitte di Pavia e Rimini, registrava ora 4 vittorie consecutive. Non male considerando l’infortunio di Mian, le difficoltà nell’adeguarsi ai dettami di Lardo da parte di Bagnoli e un Pearson non sempre pronto a vestirne i panni del vice. In compenso Melvin, stimolato da Lardo, stava diventando sempre più un uomo squadra. Per il resto, Caserta era ancora imbattuta (7-0), e Rieti era a 10 punti insieme a Rimini, Pesaro e Ferrara. La domenica successiva, vincendo in casa di una non trascendentale Fabriano, si sarebbe potuto iniziare a sferrare l’assalto ai campani. In teoria….
Per un motivo o un altro, già nelle due precedenti stagioni di Legadue, la trasferta a Fabriano si era sempre presentate come un cruciale punto di svolta dove però la Sebastiani si era regolarmente inceppata. Inevitabilmente, arrivò puntuale il non c’è due senza tre. La partita nella città della carta, infatti, ebbene il medesimo andamento delle precedenti trasferte con la solita Sebastiani distratta e presuntuosa che fece sembrare dei marziani gli avversari i quali, a fine primo quarto conducevano, 25-8. A tenere a galla i reatini ci pensò un monumentale Melvin (34 punti, 8/9 da 2, 5/8 da 3) spalleggiato da Prato (18). Gli altri? Meglio soprassedere. Chiuso il terzo quarto sul 68-62, nell’ultima frazione di gioco la Sebastiani a meno di 3” dalla fine riuscì a passare in vantaggio 87-88 grazie a una penetrazione di Smith (18 punti, 10/11 ai liberi, 2/9 da 3). A quel punto il playmaker marchigiano Whiting prese palla e si proiettò velocissimo in attacco per avvicinarsi il più possibile al canestro reatino per tentare un tiro disperato. Giunto a metà campo, sul lato vicino al tavolo degli ufficiali, lo straniero di Fabriano si trovò di fronte Melvin che lo marcava tenendo alte le braccia. Anche Smith gli era andato incontro però, invece di alzare a sua volta le braccia, il buon Joe non riuscì a resistere all’istinto di allungare la mano per prendere il pallone a Whiting che aveva smesso di palleggiare e si preparava a tirare da circa 13 metri. Mancavano 9 decimi di secondo alla fine della partita.
Visto e rivisto più volte al replay è veramente difficile dire se Smith commise fallo o no. Ad esempio, nella medesima situazione, l’anno precedente a Rieti, in gara4 di semifinale playoff contro Ferrara, gli arbitri non ravvisarono alcun fallo da parte di Rosselli su Darby. A Fabriano invece fu fischiato fallo a Smith. Dopo mille proteste, tra cui quelle eclatanti di Melvin e Lardo, che litigò pure con le forze dell’ordine che controllavano i tifosi locali, Whiting, glaciale, andò in lunetta e fece 3/3. 89-88. Tutti a casa. Amareggiatissimo Smith che, potendo tornare indietro, quella manuccia non ce l’avrebbe più rimessa. Ma ormai era troppo tardi.
Siparietto finale. Palasport ormai vuoto. Papalia aspettava che gli arbitri uscissero dallo spogliatoio. Una volta visto Big Gaetano i fischietti abbozzarono un timido “Presidente ci dispiace, dobbiamo ancora rivedere il video”. Al che Papalia li interruppe dicendo: “Non discuto la vostra buona fede. Ma voi, in perfetta buona fede, mi avete fatto perdere la partita”. Amen.
Adesso Caserta aveva 16 punti, Rimini e Ferrara 12, Rieti (insieme a Pesaro, Pavia e Soresina) soltanto 10. Le precedenti 4 vittorie consecutive erano dunque state solo un fuoco di paglia, forse anche frutto di favorevoli coincidenze di calendario. Resta il fatto che, alcuni problemi si stavano evidenziando anche in cabina di regia dove Bonora, afflitto da qualche malanno fisico, non sempre riusciva a menare le danze a dovere. Non a caso, quando il Pando era ispirato, Smith dava il meglio di se altrimenti il buon Joe, se non infilava con continuità la retina, trovava talvolta un po’ di difficoltà a gestire il gioco con lucidità. In più Mian e Prato andavano a corrente alternata.
Il vero dilemma però restava sempre sotto canestro. Bagnoli, il grande come-back dell’anno, non riusciva a trovare continuità mentre Pearson, che doveva rimpiazzarlo, non sempre ci riusciva. Il problema però sembrava più riguardare Bagnoli che il pivot inglese,  iperresponsabilizzato dalle difficoltà del pivot toscano.
Mentre lo staff tecnico si scervellava sul da farsi e scandagliava il mercato in ogni direzione, conscio che Pearson rischiava il taglio non del tutto per proprio demerito, arrivò il non brillante successo casalingo (92-84) su Imola che provò comunque a rimontare dal -16. Bagnoli parve semiresuscitato (17 p., 5 r.), Pearson fu poco prolifico (3 p., 5 r.) ma difese meglio di Simone contro il coriaceo Williams, Bonora fu all’altezza della situazione (16) mentre Melvin, Smith e Mian andarono tutti in doppia cifra. Tra l’altro giunse anche una buona notizia: la prima sconfitta di Caserta, dopo 9 vittorie, in casa contro Reggio Calabria.
Alla fine la soluzione di tutti i dilemmi di Lardo e Giuliani giunse naturalmente. Wade Helliwell, il cui profilo è nelle Sezioni Personaggi e Giocatori Stranieri, tagliato da Siena, che aveva reintegrato Lonnie Baxter. Il destino del povero Pearson era ormai segnato anche se ciò gli fu comunicato soltanto dopo il successo ottenuto a Novara (77-101) dove, tutto sommato, il povero Chris non era stato peggiore (4 p., 5 r) di un modesto Bagnoli (7 p., 4 r.). Il migliore di tutti invece fu Prato (22), seguito da Rosselli (12). E così lo sconcertato Pearson fece le valige e tornò in Francia, in Pro B (l’equivalente della Legadue), a Evreux.
A conferma però che la situazione sotto canestro era tutt’altro che risolta, la Sebastiani aveva anche fatto arrivare in prova Boubacar Aw (1974, 1.98), un senegalese di passaporto italiano. L’africano aveva un fisico da paura ma tecnica assai grezza e una meccanica di tiro che, al confronto, faceva sembrare un miracolo di stile quella del grandissimo Mike Sylvester. In difesa Aw menava come un fabbro ma non era cattivo. Semplicemente giocava così. Un paio di volte, nei quattro giorni del suo provino, Aw commise un paio di fallacci in allenamento rischiando di far scoppiare una rissa. Ma poi allargava le braccia e con un sorriso chiedeva scusa. In pratica la Sebastiani, facendolo arrivare, aveva mandato a Bagnoli un preciso segnale, tutti sono utili, nessuno è indispensabile. Naturalmente l’improponibile Aw fu rispedito a casa. Il messaggio lanciato dalla Sebastiani a Bagnoli avrebbe sortito l’effetto sperato?
Intanto il PalaSojourner ospitò Reggio Calabria che resistette solo 10 minuti per poi sprofondare fino a -22 e perdere 88-77. L’esordio di Helliwell fu discreto (7 p., 8 r.). Bagnoli replicò con 8 punti e 8 rimbalzi. Smith ne fece 27, Picchio 15 e Melvin 14. Era stata finalmente imbroccata la strada giusta? La prima verifica sarebbe giunta la domenica successiva a Caserta.
Una sgradita, incredibile sorpresa rese ancora più intensa e nervosa l’attesa del big match di Caserta. Melvin, in agosto, oltre a chiarire in tribunale la sua posizione aveva spiegato che stava per partire per l’Italia per motivi di lavoro. Il giudice distrettuale, Patricia DeVine, gli permise di espatriare comunicando che avrebbe aggiornato il procedimento a data da destinarsi.
Molto spesso ci lamentiamo che la giustizia in Italia funziona male però, visto quanto sarebbe capitato al povero Melvin, possiamo consolarci constatando che pure negli USA non tutto fila come vogliono farci credere nei loro film e telefilm. Infatti, la distratta signora DeVine, che sicuramente ne aveva tante da fare, aveva fissato un’udienza per Melvin martedì 5 Dicembre dimenticando che questi non si sarebbe mai potuto presentare. Ovviamente, una volta constatata l’assenza di Melvin, il giudice emise un mandato d’arresto immediato, ovunque si trovasse e ci pensò poi l’avvocato difensore a schiarire la memoria della DeVine che ritirò il mandato e fissò un’udienza speciale per la pausa natalizia, quando Marcus sarebbe ritornato a casa.
Naturalmente il solito solerte quotidiano locale della piccola città di Durham (North Carolina), equivalente a Rieti, pubblicò subito la notizia del mandato di arresto di Melvin che, inevitabilmente, apparve anche sul sito internet del giornale e quindi finì a disposizione del mondo intero intorno alle ore 18 del pomeriggio (negli USA). Cioè all’incirca all’una della notte in Italia. Appena 16 ore dopo, qualcuno scoprì la notizia a Rieti e successivamente lo venne a sapere anche la società che, allarmata in quanto ignara dell’errore del giudice, chiese lumi a Melvin, il quale tranquillamente spiegò: “Lo sapevo già. C’è stato un errore ma il mio avvocato ha già sistemato tutto”. Comprensibilmente la Sebastiani, sbalordita e anche incredula per la madornale distrazione del giudice, non si accontentò delle parole di Melvin e per sicurezza pretese di avere le copie degli atti del tribunale che però sarebbero stati trasmessi solo la settimana dopo.
Prima della trasferta di Caserta, che aveva perso una sola volta, la classifica vedeva i campani in vetta, a 20 punti, con Rieti, Rimini, Soresina e Pesaro tutte ferme a 16. Finalmente era giunto il momento per la Sebastiani di confrontarsi con la prima della classe, vera e propria squadra di stuntmen, cioè di cascatori. E già, perché la principale prerogativa della comunque ottima squadra diretta da Franco Marcelletti, tra le prime tre di Legadue insieme a Rieti e Pesaro, era proprio quella di cercare costantemente il contatto fisico con gli avversari, sia in difesa che in attacco, sviluppando una grandissima abilità di amplificare l’effetto di questi scontri per farsi fischiare a proprio favore, ad ogni partita, una media di 3/4 sfondamenti e almeno 5/6 tiri liberi. Insomma, tanto per farla breve, i giocatori di Caserta stavano sempre per terra. Però, al momento del big-match di Caserta, a poco più di due mesi dall’inizio della regular season, questa prerogativa del gioco dei campani non era ancora stata messa in evidenza tra giocatori, tecnici ed arbitri e comunque, quel 10 Dicembre, i campani erano meritatamente la squadra più in forma del momento.
Poteva dirsi lo stesso della Sebastiani che dopo Fabriano aveva vinto due agevoli partite con Imola e Reggio Calabria e aveva appena inserito Helliwell? La risposta fu negativa, come registrarono le statistiche: infatti, dopo 25 minuti Rieti aveva segnato appena 22 punti (6 al minuto!) con 0/16 al tiro da 3, subendone 41. Finì 63-53 per i padroni di casa con Tyler e Heinrich dominatori sotto i tabelloni
Quanto a Rieti, meglio non guardare le valutazioni finali dei singoli, dove almeno spiccò il +18 di Bagnoli (12 punti, 8 rimbalzi, 2 stoppate) il quale fece sperare di essere finalmente sulla via del recupero. Quanto a Helliwell (1 punto e 4 rimbalzi), si trattava della sua seconda uscita con la Sebastiani, doveva ancora inserirsi e di fronte c’era la migliore squadra del momento. Adesso i punti di vantaggio di Caserta su Rieti (superata anche da Rimini e Soresina ma ancora appaiata a Pesaro che continuava anch’essa ad avere problemi) erano di nuovo 6 e i dubbi sulla bontà della Sebastiani crescevano. Purtroppo la partita successiva contribuì soltanto a farli aumentare.
Durante il riscaldamento, prima dell’incontro con Jesi, ci fu contestazione da parte dei tifosi: un fatto semplicemente inimmaginabile quando, a Luglio, Lardo fu calorosamente abbracciato al suo arrivo a Rieti. In ogni caso gli ospiti venivano anch’essi da una crisi visto che sulla panchina esordiva il nuovo allenatore Andrea Capobianco il quale, la stagione precedente, aveva rimpiazzato Giuliani su quella di Avellino.
La Sebastiani, senza incantare troppo, si portò sul 31-18 dopo 13’ ma non riuscì a distanziare i marchigiani che, anzi, andarono al riposo a -2 (39-37). Il terzo quarto registrò al 25’ il 49-54 per Jesi e da quel momento tutti capirono che ci sarebbe stato da sudare freddo. Con grande fatica Rieti si portò sul 73-67 a 2’ dalla fine e poi scoppiò un gran…… Casini. Infatti l’italoargentino segnò subito 5 punti consecutivi e portò Jesi a -1 (73-72) a 1‘40” dal termine e a questo punto avvenne il fattaccio.
Nell’azione successiva Mian fallì il tiro del +3 per la Sebastiani, la palla tornò agli ospiti che sbagliarono una tripla. Rimbalzo lungo, palla in uscita verso la linea di fondo. Tuffo di Maggioli per tenerla in campo, senza che l’arbitro si accorgesse che il pivot aveva pestato la linea. Sul pallone rilanciato in aria, che stava nuovamente per uscire all’altezza della linea laterale, si tuffarono Mian e Casini.
Ora un attimo di pausa. Prima di proseguire è importante raccontare che Papalia fece scomporre in fotogrammi da uno studio televisivo, per poi stamparle, le immagini del salto di Maggioli col piede nettamente sulla linea mentre l’arbitro Pasetto era a neanche due metri da lui. Come mai non fischiò? Sicuramente non lo vide, ci mancherebbe altro. Ma su quel possesso girò tutta la partita. Papalia comunque inviò alla federazione le fotografie dell’azione incriminata.
Dunque, dov’eravamo rimasti? Ah sì. Mian si lanciò insieme a Casini sul pallone tenuto in campo da Maggioli. Il contatto fu inevitabile che però, prendeteci pure per faziosi, non fu falloso. Per Barbara La Rocca invece si. Lardo, già nervoso perché il fuori di Maggioli non era stato fischiato, protestò e si prese un tecnico. Mancava 1’05” alla fine. Casini fece 4/4 dalla lunetta (fallo più tecnico) e, dopo la rimessa laterale per Jesi, ricevette palla e segnò ancora in entrata (per l’italoargentino era l’undicesimo punto consecutivo): 73-78 per gli ospiti. Nell’ultima manciata di secondi non ci fu niente da fare e Rieti perse l’imbattibilità casalinga (76-81).
Dopo questa sconfitta il distacco da Caserta, che vinceva a tutto spiano, era salito a -8. Davanti a sé, oltre ai campani, la Sebastiani (16 punti) aveva Soresina, Ferrara, Pesaro (tutte a 18) e Rimini (20). La squadra fu contestata a fine gara e a quel punto iniziarono a sentirsene di tutti i colori, come “era meglio Pearson”, “Smith non è un playmaker”, “che errore farsi sfuggire Zanelli”, per altri ancora il rendimento negativo di Bagnoli era colpa del pivot stesso, per altri invece era colpa di Lardo, a proposito del quale si sentirono diverse persone esclamare anche un “forse era meglio Lasi” che riportiamo per puro dovere di cronaca ribadendo massima stima e riconoscenza sia per il tecnico artefice del ritorno in Legadue che per l’ex coach di Milano.
Come conseguenza, per raddrizzare una situazione che pareva stesse sfuggendo di mano il lunedì la società prese i seguenti provvedimenti: congelamento del 10% degli stipendi; applicazione immediata di tutte le multe che erano state sospese; il capitano Feliciangeli fu indicato come unico tramite tra giocatori e società, Bagnoli fu messo temporaneamente fuori squadra ad allenarsi con un programma particolare per scendere finalmente a 108 chili; niente libertà a Natale per i giocatori (giovedì 21 Dicembre si doveva giocare a Soresina per poi tornare in campo il 4 Gennaio a Rieti contro Pesaro) salvo il 24 e 25. Il che preoccupava soprattutto Melvin che doveva tornare negli USA per presentarsi davanti al giudice smemorato. Ma come l’avrebbero presa gli altri giocatori e in particolare l’argentino Prato, l’angloaustraliano Helliwell e lo statunitense Smith nel veder tornare a casa solo il buon Marcus, anche se per giustificati motivi giudiziari? Era un bel problema. Ormai, conveniva pensarci dopo la sfida di Cremona contro Soresina, da affrontare per giunta senza Bagnoli.
Vincere (80-85) non fu facile. 5 uomini furono determinanti, visto che Rosselli e Bonora collezionarono un –6 di valutazione complessivo e che Helliwell fece virgola senza mai tirare (ma catturò 7 rimbalzi). Grande Picchio (10 punti, 15 di valutazione). Finalmente degno delle aspettative Smith (30, anche se con un solo assist). Ovviamente bene Melvin (20) che doveva correre in tribunale, Prato (17) e Mian (17 di valutazione, secondo della Sebastiani). Comunque, anche in questa occasione gli arbitri provarono a metterci lo zampino fischiando nelle battute finali a Melvin un dubbio fallo antisportivo grazie al quale Soresina avrebbe anche potuto riaprire la partita.
La squadra aveva confezionato proprio un bel regalo di Natale non solo a se stessa ma anche allo staff evitandogli, in caso di malaugurata sconfitta, di dover far rispettare i provvedimenti disciplinari.
Purtroppo, durante il Natale, Sandro Cordoni perse la lotta che da qualche anno stava combattendo contro una subdola malattia.
A inizio stagione il ranking di Superbasket dava Rieti al primo posto, Pesaro al secondo e Caserta terza, in qualità di outsider di lusso. Dopo 14 gare questa graduatoria era stata completamente stravolta con i campani in testa (a 26 punti) in vantaggio su Pesaro (22) e Rieti (20). In più, a complicare le cose, si erano inserite Rimini (22), Ferrara e Soresina (20). Con una simile situazione, prima di riagguantare Caserta e puntare al primo posto assoluto, obiettivo per il quale era stata impostata la Sebastiani, bisognava soprattutto pensare a vincere gli scontri diretti per puntare al miglior piazzamento possibile nei playoff. Intanto bussava alle porte la sfida del PalaSojourner contro Pesaro.
Alla resa dei conti però la vittoria sui marchigiani fu più agevole del previsto grazie alla doppia doppia di Melvin (15+12) che cancellò White, a Smith (25) e a Mian (12). Il bollettino dei pivot, invece, era ancora negativo. Helliwell (nessun punto, 3 rimbalzi) per ora andava lodato per la buona volontà che ci metteva in campo mentre la dieta aveva debilitato il rientrante e smagrito Bagnoli (4 p., 2 r.).
Incredibile ma vero, fu necessario un supplementare per battere Castelletto Ticino (73-75) che, dopo essersi liberata dell’insopportabile Tiras Wade, non lo sostituì tanto che in molti la dettero ormai per sicura retrocessa. Invece, proprio da questa scelta la squadra guidata da Romeo Sacchetti seppe ritrovare motivazioni e compattezza che l’avrebbero condotta a una meritata e anticipata salvezza.
I piemontesi lottarono su tutti i palloni. Un grosso contributo giunse dalla doppia doppia di Melvin (17+14), da Smith (15) e da Mian (10). Ma non solo. Ormai il dialogo tecnico tra Lardo e Bagnoli, senza andare a cercare i perché e i percome, era impossibile per cui a Castelletto il coach diede ampio spazio a Helliwell che ripagò ampiamente la fiducia accordatagli confezionando una bella doppia doppia (17+11). Per Simone, invece, ci furono ben 36 minuti di panca.
A rallegrare di più gli animi, dopo lo scampato pericolo, giunse la notizia che Caserta (priva di McKie già da fine Dicembre, rimpiazzato temporaneamente dal veterano Rodney Monroe) aveva perso a Jesi. Il distacco era così tornato a -4.
In settimana fu celebrato l’ormai inevitabile divorzio da Bagnoli, assai dispiaciuto perchè aveva tanto desiderato tornare nella sua Rieti per aiutarla a salire in serie A. Inutile cercare spiegazioni e responsabilità. Fu una separazione consensuale, senza animosità e ripicche. Simone l’avrebbe dimostrato al momento giusto.
A rimpiazzare Bagnoli giunse da Fabriano l’italosloveno Marko Verginella (1978, 2.02), tutt’altro che un fuoriclasse ma che, giocando nella città della carta, aveva pesantemente contribuito a vincere in trasferta il derby con Jesi segnando 23 punti. Il mercato in quel momento non offriva altro. Da parte sua Verginella dichiarà onestamente di non essere un pivot.
La successiva partita di Rieti, contro Pavia, sarebbe passata alla storia perché Papalia Gaetano fece indossare alla squadra, durante il riscaldamento, delle t-shirt bianche con la scritta “Solidarietà per i diffidati” a sostegno dei ragazzi, ripresi e fotografati dalla polizia di Porto San Giorgio durante l’ultimo playoff con Montegranaro e da pochi giorni colpiti da Daspo, cioè diffidati per un anno dall’ingresso nei palasport in cui si disputano partite ufficiali di basket.
Alla vista delle magliette le reazioni furono le più disparate. Più contrarie che favorevoli. La cosa, in particolar modo non risultò gradita ai rappresentanti delle forze dell’ordine. Il giorno dopo Papalia emise subito un comunicato precisando di aver solo voluto solidarizzare col dispiacere di quei ragazzi che per un anno non avrebbero potuto seguire la squadra del cuore.
Inevitabilmente scattò un’inchiesta federale e Papalia fu diffidato a svolgere attività federale fino al, ma guarda un po’, 22 Aprile. Cioè proprio fino al giorno della disputa di Scavolini Pesaro – Sebastiani Rieti e anche di Pavia – Caserta. E quand’è che furono indossate le t-shirt incriminate? Il giorno di Rieti – Pavia. Insomma, in un modo o in un altro i destini di queste due squadre si stavano sempre più legando a un doppio filo.
Quanto alla sanzione inflittagli, Papalia rivelò: “Dopo essere stato condannato in primo grado ho deciso di difendermi da solo in appello e m’hanno pure aumentato la pena. Meglio se lasciavo perdere”.
Invece, dopo che gli furono spiegate le ragioni di tutto quel trambusto di cui non capiva le ragioni, Melvin commentò: “Davvero? E io che credevo che fossero solo magliette di beneficenza”.
Battendo Pavia (64-52. Melvin 16 Prato 12) e Rimini (77-66) con 21 punti e 17 rimbalzi di Helliwell, la Sebastiani arrivò a 5 vittorie consecutive aggiudicandosi anche il confronto diretto con i romagnoli, raggiunti al secondo posto in classifica insieme a Pesaro. Intanto l’inserimento di Helliwell proseguiva a gonfie vele rivelandosi, a differenza di tanti suoi pari ruolo, un preciso realizzatore di tiri liberi.
Nel frattempo Bonora, afflitto da una ricorrente infiammazione a un piede, non poteva allenarsi con continuità mentre Smith, nelle serate negative di tiro, talvolta faticava a trovare la giusta lettura delle difese avversarie. Le successive trasferte a Casale Monferrato e Ferrara avrebbero dovuto chiarire l’entità del problema.
Il giornalismo statunitense ha spesso discettato su quali siano stati gli scambi o le cessioni di giocatori che più hanno influenzato i loro principali sport di squadra per stabilire periodicamente non solo quale sia stata la trade (trasferimento) dell‘anno ma perfino quella quale sia stata quella del secolo. Allo stesso modo assegnano il premio di executive dell’anno al dirigente che meglio si è saputo districare sul mercato. Ebbene, per non fare torti a nessuno, piuttosto che assegnare il premio di executive dell’anno a un solo personaggio della Sebastiani, è preferibile assegnare alla società il trofeo, per non scontentare nessuno, per il trasferimento dell’anno. Quale? Ovviamente quello di Simone Bagnoli a Pavia, che esordì con i lombardi alla 4^ di ritorno. Chissà se qualcuno aveva congegnato questa operazione pensando che all’ultima di ritorno Pavia avrebbe ospitato Caserta e che sarebbe stato bene avere nel posto giusto e al momento giusto uno dei nostri? Se poi così non è stato, vorrà dire che ridimensioneremo il premio a semplice coincidenza dell’anno.
La striscia vincente della Sebastiani si interruppe a Casale Monferrato (72-59) a casa di Cristiano Fazzi, anche se alla fine si dichiarò dispiaciuto di aver interrotto la cavalcata della sua ex squadra. La Sebastiani, da parte sua, palesò il solito problema in regia: Bonora (-5 di valutazione) fu poco brillante e gli altri giocarono un po’ tutti sotto tono. Come se non bastasse Caserta proseguiva a vincere e lo svantaggio era ritornato a -6. Mancavano 11 giornate alla fine e se la squadra di Marcelletti avesse continuato a mantenere quel passo non ci sarebbe stato niente da fare per chiunque.
Fortunatamente la Sebastiani cambiò subito marcia anche perché sulla sua strada incontrò Ferrara, squadra sicuramente congeniale al gioco praticato da Rieti, come dimostrato dalle tre precedenti batoste inflitte agli emiliani tra precampionato e regular season. Questa volta però Ferrara, che andò in testa solo un paio di volte, riuscì almeno a contenere la sconfitta in termini accettabili (90-95). Melvin riandò in doppia doppia (24+12), Smith ne fece 20, Bonora (13) fu perfetto e Prato (10) piazzò alcune stoccate decisive.
Ancora una volta però le buone nuove arrivarono da un altro campo: infatti Caserta, dopo aver perso 4 giornate prima a Jesi, ci aveva di nuovo lasciato le penne (95-90) da quelle parti, cioè a Fabriano, che alla vigilia dello scontro sembrava in grosse difficoltà, e ciò nonostante i 28 punti del rientrante McKie, assente da 5 gare. A questo punto in molti esclamarono que ssarìa se ìmeneca prossima Rimini bencesse a Caserta! E così fu. I romagnoli violarono il Palamaggiò (57-67) anche perché, essendosi ormai sparsa la voce, ben pochi abboccavano ancora alle cadute sul parquet dei giocatori casertani. Ovviamente le sconfitte dei campani non dipendevano solo da questo, sarebbe troppo banale. Però Caserta non poteva più contare a ogni partita su quei 5/6 punti racimolati a suon di sfondamenti e cadute varie che comunque, in partite a margine stretto, contano molto. Infatti, a parte questo particolare aspetto, La squadra di Marcelletti, soprattutto, iniziava a soffrire la fatica di una galoppata al primo posto che durava da 21 giornate e che, comunque, la vedeva ancora da sola in vetta alla classifica (a 32 punti) inseguita però a 30 da Rimini e Rieti che, da parte sua aveva superato Sassari 88-76 al PalaSojourner dopo averci giocato un po’ al gatto con il topo ma senza mai correre rischi. Da sottolineare, oltre a Melvin (18 p., 13 r.) e Smith (22), le prove di Helliwell (17) e Prato (18).
Ora più che mai non si doveva mollare, bisognava tenere duro e la Sebastiani rispose alla grande stravincendo a Montecatini (62-81) con i soli Smith (31) e Melvin (20) in doppia cifra ma con tutti gli altri assai utili. La medesima sorte toccò la domenica successiva a Fabriano (82-60), con la quale Rieti aveva un conto in sospeso dopo la sconfitta beffa dell’andata. Ennesima doppia doppia per Melvin (16+10) e menzioni particolari per Prato (18) ed Helliwell (13).
Dunque, a parte la distrazione di Casale Monferrato, la Sebastiani aveva vinto 8 delle ultime 9 partite, era a soli 2 punti da Caserta e sembrava aver trovato i giusti equilibri. Perfino i timori sulla tenuta della regia parevano dimenticati. Rosselli e Feliciangeli erano due ottimi specialisti, gli altri giravano a dovere e solo Mian appariva in leggera flessione. Era questa la situazione della squadra alla vigilia delle Final Four di Coppa Italia di Legadue, in programma a Rieti dal 3 al 4 Marzo, da cui, visti gli accoppiamenti in semifinale (Rieti -Rimini, Ferrara - Caserta) ci si aspettava una grande battaglia in finale tra laziali e campani (in leggero calo nel girone di ritorno con 5 vittorie e 3 sconfitte) in cui sarebbero state misuratr le rispettive forze in vista dell’altra grande sfida di campionato del 1° Aprile, sempre al PalaSojourner.
La Sebastiani aveva già organizzato e vinto la finale di Coppa Italia di B1 nel 2004 per poi essere promossa in Legadue. Inoltre la cabala vuole che chi vince le Final Four di Legadue vada diretta in serie A, come già capitato a Capo d’Orlando e Scafati nelle due precedenti edizioni. Dunque, c’era grande aspettativa per questo evento.
Purtroppo però la tanto attesa sfida tra Sebastiani e Caserta non ebbe luogo sia perché i campani erano appena stati colpiti dalla perdita per tutta la stagione di Ghiacci, infortunatosi a un ginocchio, sia perché il contraccolpo della doppia sconfitta con Rimini e Fabriano aveva scatenato qualche tensione all’interno della squadra. In particolare si diceva che il rapporto tra Marcelletti e McKie, dopo il rientro di quest’ultimo dall’infortunio, si fosse deteriorato. Ma queste erano cose che non riguardavano Rieti. Resta il fatto che Caserta perse 78-68 la semifinale con Ferrara mentre la Sebastiani regolò Rimini abbastanza agevolmente (73-64) coi soliti Melvin (25), Smith (18) e Prato (13).
In finale, contro Ferrara, manco a dirlo, Rieti vinse 71-61 nonostante il prodigarsi di una valido Nnamaka. Oltre alla conquista delle Final Four, il premio di MVP della manifestazione fu assegnato a Melvin. Un bel viatico in vista del rush finale di campionato per i reatini che, suggestionati dalla cabala, iniziavano realmente a sognare la promozione diretta.
Teoria: se io sono secondo in classifica, ho vinto 10 delle ultime 11 partite, mi sono appena aggiudicato le Final Four di Legadue e vado a giocare in casa della penultima in classifica, che ha perso 8 delle ultime 9 partite e ha appena sostituito l’allenatore con un tecnico un po’ anziano (con tutto il rispetto per quest’ultimo) che praticamente non allena con continuità in serie A dal 1999, se faccio la mia onesta partita, come posso perdere?
Pratica: se non fai la tua onesta partita perdi eccome!
La Sebastiani, infatti, scese in campo a Faenza, campo ufficiale di Imola, assai distratta in attacco e deconcentrata in difesa e permise a Jefferson, Mathis e George di fare il bello e cattivo tempo per tutta la serata. Inutili gli sforzi di Lardo di far uscire dal coma una squadra che, novella Penelope, non fece altro che fare e disfare la tela della partita per 30’ (62-61). Purtroppo nell’ultimo quarto la zampata della prima della classe, tanto attesa dalla cinquantina di fiduciosi reatini presenti, non arrivò mai. Furono invece i romagnoli a graffiare a tutto spiano una Sebastiani sempre più confusionaria. Al 37’ (80-70 per Imola) i giocatori reatini si buttarono a testa bassa per tentare l’ultima disperata rimonta forzando molti tiri e perdendo palloni che si tradussero in altrettanti contropiedi e schiacciate per i padroni di casa. Addirittura, a -1’ dal termine (86-75), Aradori, solo in contropiede sbagliò l’ennesima schiacciata ma l’accorrente George catturò il rimbalzo per schiacciare a sua volta. Gli altri? Tutti ancora nell’altra metà campo a guardare.
Imola vinse 90-82. Vittoriose anche tutte le altre antagoniste di Rieti che, da parte sua, non riusciva a spiegarsi questa incredibile disfatta. Possibile che dopo una settimana la Sebastiani, non si fosse ancora ripresa dalla pur piacevole sbornia delle Final Four? Eppure Lardo e Giuliani avevano ammonito la squadra avvertendola di non sottovalutare nessuno e di non deconcentrarsi. Paura di vincere? Troppa pressione? Difficile spiegarlo, ma negli sport di squadra succede spesso e succederà ancora.
Comunque, la meravigliosa Sebastiani delle 10 vittorie su 11, la splendida macchina da guerra che aveva stravinto le Final Four, dopo gli sciagurati 40 minuti di Imola, pardon Faenza, era già diventata per tutti un’auto piena di difetti, da rottamare. Un esempio dei discorsi dei tifosi? Lardo? Si incarta con le sostituzioni. Smith? Non è un playmaker e sbaglia i tiri importanti. Mian? Com’è che non fa più canestro? Eppure le costole sono guarite. Feliciangeli? Sbaglia tiri facili. Verginella? Non è un pivot. Helliwell? Non ha cambi. Rosselli? Difende bene ma è poco pericoloso in attacco. Melvin? E’ stanco, non può fare tutto lui. Rizzo? Non fa canestro. Prato? Almeno ci prova. Bonora? Troppi infortuni, non può reggere i ritmi dei playoff…… e già perché, dulcis in fundo, nessuno già più credeva nella promozione diretta.
Alla fine la piazza decise che servivano un playmaker e un pivot italiani da affiancare a Bonora, Smith e Helliwell. Più facile a dirsi che a farsi. Intanto il calendario proponeva l’incontro casalingo con Novara e la trasferta di Reggio Calabria. Due partite non difficilissime sulla carta. Quanto di meglio per provare a riprendersi dallo shock.
Novara, ormai con due piedi più di la (in B1) che di qua, non oppose alcuna resistenza (86-57) ed anche A Reggio Calabria i padroni di casa non ce la fecero a interrompere una striscia perdente di 7 partite (74-83). Intanto Caserta, prima dell’imminente sfida a Rieti, aveva commesso un brutto scivolone in casa con Ferrara, permettendo così alla Sebastiani di riportarsi sul -2.
Invece, di playmaker in giro non c’era neanche l’ombra, mentre tra i pivot era disponibile Cittadini, a lungo inseguito pure da Caserta per uscire dalle secche in cui l’avevano spinta l’infortunio di Ghiacci e le bizze di McKie. Alla fine Cittadini (1979, 2.07, lunghissima esperienza in serie A e Legadue) optò per Rieti. Una buona polizza d’assicurazione per Lardo, sia in vista delle ultime 4 gare di campionato sia in caso di eventuali, e malaugurati, playoff.
Così era arrivato il giorno della grande sfida con Caserta, anch’essa corsa ai ripari prelevando da Teramo Walter Santarossa per rimpiazzare Ghiacci che, però, non è un giocatore facile da sostituire.
Rieti, per mettersi al riparo da rischi, doveva vincere con almeno 7 punti di scarto in caso di arrivo alla pari con Caserta a fine stagione o, ancor meglio, di 10 se si fosse aggiunta anche Rimini. Alla fine furono 29, con un incredibile 86-57. Grazie a 6 giocatori in doppia cifra ma tutti i 10 uomini scesi in campo furono eccezionali. Insieme a Lardo e Giuliani.
E i tifosi reatini? Meravigliosi. Una muraglia umana che stupì chiunque la vide in televisione da tutta Italia. Troppe volte infatti si abusa delle espressioni dodicesimo uomo, per il calcio, oppure sesto uomo, per il basket. Beh, contro Caserta il termine fu perfettamente calzante. La scena più bella? Vedere gli ultras della Curva Terminillo cantare Funiculì, funiculà ai 500 tifosi casertani presenti.
Dunque, dopo 27 faticosissime giornate l’inseguimento era stato completato. Caserta era stata finalmente raggiunta. Ormai solo Rieti poteva farsi sfuggire la serie A. E provò a fare del suo meglio per riuscirci.
Circa 300 reatini, tanti per un giovedì sera, si recarono a Jesi pensando che dopo la lezione di Imola questa volta la squadra avrebbe saputo cosa fare. E invece la squadra non seppe cosa fare e sbagliò tutto. Anche se Jesi (11^ in classifica) sembrava poco convinta di qualificarsi ai playoff. Anche l’approccio iniziale di Rossini e compagni alla partita fece pensare lo stesso. Le primissime battute di gioco sembrarono la prosecuzione dell’incontro con Caserta: 0-6 al 2’, 4-11 al 5’ per Rieti. Sembrava una passeggiata quando, di punto in bianco, gli uomini di Lardo iniziarono a balbettare basket permettendo ai padroni di casa di rientrare in partita e di prendere coraggio andando al riposo sul 34-36 ancora per la Sebastiani. Eppure, in teoria, la chiave dell’incontro era scontata: si trattava di togliere spazio sotto canestro a Maggioli e di evitare di far esaltare al tiro Rush e Hoover. Sarebbe bastato limitare uno solo dei tre per vincere. E gli altri avversari? Non preoccupavano.
E Invece: Maggioli 20 punti, 7 rimbalzi, 3 schiacciate, 2 stoppate, valutazione 22. Rush 15 punti, 7 rimbalzi, 4 recuperi, valutazione 18. Hoover 22 punti, 11/12 ai liberi, 6 rimbalzi, 6 assist, valutazione 38. Ma l’episodio più grave capitò nel terzo quarto, quando la Sebastiani sprofondò a -18 (66-48 al 30’) grazie a due triple consecutive di Michael Slattery che nelle precedenti 27 giornate aveva raccolto appena un misero 2/10 dai 6.25, e a 2 tiri liberi di Cantarello. Senza contare che già nel secondo quarto Giacomo Eliantonio (19 anni, 2.06), messo in campo per ridare un po’ di fiato a Maggioli, aveva segnato una estemporanea tripla da 8 metri.
All’inizio dell’ultimo quarto sembra che qualcuno tra il pubblico abbia sentito Melvin esclamare fuck everybody! prima di prendere coraggio e sparare 3 triple consecutive che per poco non riaprirono la partita. A 5’55” dal termine il tabellone segnava 72-62: c’era ancora tempo per recuperare ma non tutti ebbero lo stesso coraggio e la stessa sfrontatezza di Marcus per cui la rimonta della Sebastiani rimase a metà anche se a -155” una tripla di Mian, tra i pochi a salvarsi quella sera, siglò un 76-68 che lasciava ancora qualche fievole speranza. Jesi però mantenne i nervi saldi, complice anche la poca convinzione dei reatini, e vinse 89-78.
Incredula, nonché vittoriosa su Casale Monferrato, Caserta si ritrovò di nuovo sola in vetta alla classifica, e così pure Rimini, ora di nuovo appaiata a Rieti. Entrambe ringraziarono per il gentile cadeau della Sebastiani.
Quanto ai commenti sulla partita potete tranquillamente tornare alla pagina di quelli del dopo Imola, pardon Faenza. La settimana prima dell’arrivo di Soresina trascorse con calcolatrici e calendari in mano per cercare di orientarsi fra le mille ipotesi che davano a turno Caserta, Rimini e Rieti in serie A a seconda degli eventuali risultati, cercando anche di capire quanto fossero motivate le squadre che avrebbero incontrato Caserta e Rimini e se veramente avrebbero dato tutte il massimo. Specialmente all’ultima giornata. Risultato? Un fortissimo mal di testa e una forte nausea in quanto, dopo la scomparsa, nel 1997, della AMG Sebastiani Basket, dal 1999 in poi, dopo la nascita della Virtus, successivamente diventata Nuova Sebastiani, i tifosi reatini ogni benedetto mese di Maggio si sono puntualmente sorbiti la via crucis dei playoff, salvo che nel 2002 quando addirittura dovettero affrontare i playout di B1 (Ve lo ricordavate? Con Berdini, Jacomuzzi, Liberatori, Morena, Perazzetti & C.).
In ogni caso, nonostante la promozione in Legadue del 2004, che fu comunque soffertissima, nel complesso per i tifosi reatini il piatto dei playoff, come suol dirsi, piangeva. Di qui la nausea generata al pensiero di dover affrontare per il nono anno consecutivo i playoff, specialmente dopo gli ambiziosissimi progetti estivi, dopo l’esaltante ed illusorio +29 inflitto a Caserta ma, soprattutto dopo le sconcertanti sconfitte con Imola e Jesi che suonarono come un campanello d’allarme per l’eventuale post season. Chissà le risate che sse stau a ffa mo’ a Caserta! Esclamarono in molti dopo Jesi.
In ogni caso bisognava guardare avanti e crederci fino in fondo. Infatti, prima dell’ultima partita casalinga con Soresina, la speranza dei giocatori e dello staff tecnico era quello di essere ancora una volta perdonati dai tifosi per riguadagnarne nuovamente la fiducia. Purtroppo, all’ingresso in campo, un po’ di fischi e un po’ di urla di disappunto li dovettero incassare comunque ma poi, al momento della palla a due, si ritornò tutti per uno, uno per tutti. E poi, già all’andata la Sebastiani era caduta contro Jesi e si era poi ripresa proprio contro Soresina. Dunque, perché non riprovarci?
La partita, non bella, fu però più agevole del previsto. Soresina, la squadra che aveva vinto in trasferta più di tutte (9), fu tenuta a soli 51 punti mentre la Sebastiani ne infilò 10 di più. Quanto ai singoli, Cittadini (13 punti, 11 rimbalzi) fu il migliore: una garanzia in caso di malaugurati playoff. Gli altri si espressero sul loro standard. Mian (12) confermò i progressi delle ultime giornate. Per Smith (8) invece da qualche giornata il canestro avversario sembrava essersi ristretto e non sempre trovava i passaggi giusti per i compagni. Comunque, ritrovata un po’ di coesione, la Sebastiani si preparava a disputare la partita della verità. Difficile prevedere cosa sarebbe accaduto la domenica successiva non solo a Pesaro ma anche a Pavia (che avrebbe ospitato Caserta) e a Casale Monferrato (che avrebbe affrontato Rimini). L’alternativa era tra l’impazzire di nuovo a fare pronostici e congetture vari o aspettare serenamente il verdetto del campo. Anzi, dei campi. Qualunque fosse stato.
Il fattore chiave per la Sebastiani nell’ultima giornata era che Caserta perdesse a Pavia. Dopodichè non solo Rieti, ma anche Rimini, avrebbero potuto sia piangere che ridere. Tutto sarebbe dipeso dai rispettivi risultati. Il caso volle però che la gara di Pavia assumesse contorni del tutto inaspettati a causa della visita nella città lombarda, quella stessa domenica, da parte di Papa Benedetto XVI. Un simile evento, infatti, richiedeva un massiccio impiego di forze dell’ordine per cui inizialmente il Prefetto di Pavia, del tutto ignaro delle norme della Legadue in tema di eguaglianza competitiva nell’ultima giornata di campionato, preoccupato dall’arrivo di alcune centinaia di tifosi da Caserta e di non avere un numero sufficiente di agenti a disposizione, aveva ordinato di spostare la partita ad altra data, oppure di disputarla a porte chiuse se non addirittura in campo neutro. Naturalmente sia la Legadue che Pavia non potevano rispettare tali disposizioni. Infatti per i lombardi sarebbe stato deleterio giocare in campo neutro (ad esempio a Cantù) sapendo che quasi un migliaio di ultras casertani vi si sarebbero recati. “A questo punto – scherzò Gianmarco Bianchi, presidente di Pavia – il campo neutro me lo scelgo io e vado a Rieti”. Sicuro che li avrebbe giocato anche meglio che in casa propria. Impraticabili poi sia l’ipotesi delle porte chiuse sia quella di scegliere un’altra data. Alla fine, dopo una trattativa durata alcuni giorni, il Prefetto ebbe tutte le assicurazioni da parte del club sul sereno e corretto svolgimento della partita e che, nonostante l’arrivo del Papa, non si sarebbero verificati soverchi problemi di ordine pubblico per cui dette il beneplacito a giocare regolarmente a Pavia a porte aperte.
A questo punto però una fortissima attenzione si era concentrata attorno alla partita, che sarebbe stata trasmessa su RaiSat, contribuendo a fornire una motivazione in più ai padroni di casa, che si sentivano come degli osservati speciali, per dare il massimo e per onorare l’incontro su cui ormai erano puntati tantissimi occhi. Grazie anche alla visita di Benedetto XVI.
Intanto Rieti contava molto su Simone Bagnoli che, nonostante fosse stato ceduto in Lombardia, non nutriva alcun risentimento per la sua cessione e continuava ad essere animato da un grande desiderio di aiutare in qualche modo la sua ex squadra per mandarla in serie A. Anche perché il buon Simone era tornato a esprimersi ai suoi consueti livelli. Per questo motivo promise pubblicamente il massimo impegno, senza contare che, in caso di sconfitta, Pavia rischiava seriamente di non qualificarsi ai playoff.
Infine, forse stimolato dalla grande attenzione sul match, anche il tecnico lombardo, Giancarlo Sacco, promise che i suoi ragazzi avrebbero dato il massimo e che a poco sarebbero servite le cadute dei giocatori casertani alle quali ormai gli arbitri, dopo oltre sei mesi di campionato, non abboccavano più. Dunque, di una cosa a Rieti si poteva star certi: Pavia - Caserta sarebbe stata una partita vera. A questo punto tutto il resto era nelle mani, nelle gambe e soprattutto nelle teste dei ragazzi di Lino Lardo.

La gara di Pesaro è descritta nella sezione Partite Storiche.

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2006/07 LA SQUADRA
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ME TOCCA FA' TUTTO A ME!
PRESENTAZIONE DI LINO LARDO AL 4 STAGIONI
PROGETTO SERIE A
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REGULAR SEASON 3
REGULAR SEASON 4
REGULAR SEASON 5
REGULAR SEASON 6
RIETI ORE 02.45 1
RIETI ORE 02.45 2
RIETI ORE 02.45 3
RIETI ORE 02.45 4
RIETI ORE 02.45 5
RIETI ORE 02.45 6
RIETI ORE 02.45 7
RIETI ORE 20.15 1
RIETI ORE 20.15 2
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