Campionati
1978 / 1979
Alla vigilia del campionato 1978/79, Sojourner e Meely erano la più forte coppia di stranieri dell’A1, Zampolini era una delle ali italiane più promettenti, Brunamonti stava crescendo a vista d’occhio e il capitano Cerioni era una garanzia per quanto riguardava esperienza, tiro e difesa. Marisi, a dire il vero, dopo una prima eccellente stagione a Rieti, sembrava ormai chiuso da compagni più forti e brillava di meno anche se continuò a comportarsi da serio professionista. Intanto premevano alle porte Brunamonti e Zampolini, e ottime soddisfazioni venivano dai giovani reatini. Piero Torda era ormai in pianta stabile in squadra mentre Gianfranco Sanesi, dopo il discusso esilio in serie D alla Minervini, era stato richiamato a furor di popolo in prima squadra. Invece alla Minervini ci finì Luca Blasetti, mentre ritornavano a Rieti Antonio (per tutti Tonino o ancor meglio il Toro) Olivieri che si era ben comportato in serie B a Roseto e, da Cantù, Roberto Carapacchi, inserito a suo tempo nell’operazione Vendemini.
Dunque: quintetto stellare, panchina giovane, anche se un po’ corta, che già dalla stagione precedente era diventata il leit-motiv per giustificare certe sconfitte, cosicché ai tifosi sembrava che talvolta Rieti arrivasse a Roma ma non riuscisse mai a vedere il Papa, cioè non riusciva ad afferrare la finale scudetto. Ma la panchina era veramente corta?
Secondo una corrente di pensiero circolante tra i tifosi, Elio Pentassuglia, ottimo gestore di spogliatoio, esperto pastore di tori, non si spese molto a sfruttare tutte le risorse del settore giovanile anche per evitare antagonismi all’interno della squadra. In realtà Pentassuglia fece molto bene con quello che la società gli aveva messo a disposizione, che non era molto, visto che di acquisti importanti non se ne fecero più per cui l’unico settore sul quale si poteva intervenire era quello straniero. In poche parole l’Arrigoni era considerata una vera e propria mina vagante.
Complice qualche distrazione in trasferta, l’Arrigoni chiuse la regular season al 6° posto (28 punti) a soli 4 punti dalla Gabetti Cantù che si piazzò terza. Il piazzamento finale, più che colpa della famosa panchina corta dipese dal fatto che Cerioni aveva saltato quasi tutto il girone di ritorno a causa di una distorsione al ginocchio sinistro rimediata durante la partita contro l’Amaro Harrys Bologna.
A proposito di questo infortunio, che gli avrebbe troncato la carriera, c’è da chiedersi quanto abbia pesato l’accelerato e forzato rientro del capitano dell’Arrigoni in un momento in cui la squadra stava andando abbastanza bene in campionato e in Coppa Korac, grazie anche alle buone prove di Sanesi e Olivieri. Fatto sta che Cerioni, ancora non recuperato al cento per cento, fu mandato in campo due volte in quattro giorni (a Roma e in Korac) e si infortunò di nuovo durante il riscaldamento della seconda partita. L’avventura a Rieti di Cerioni, ed anche la sua gloriosa carriera, si conclusero praticamente qui. Giunto nel 1974 assieme a Masini, a differenza di quest’ultimo Mauro è rimasto alla Sebastiani dove, essendo fino ad allora il giocatore più carico di successi e di gloria, è stato il punto di riferimento, e il capitano, per una eccezionale nidiata di giovani talenti, sui quali ha avuto una forte influenza. Sanesi ha sicuramente imparato qualcosa da lui come difensore. Brunamonti ne ha attinto dosi di grinta e caparbietà, Zampolini ha imparato tanti trucchi del mestiere e l’abilità nel tiro da fuori. Insomma, un vero modello per tutti nonché un padre per i più giovani.
Quasi sempre l’avversario più pericoloso, non importa quanto fosse alto, toccava a Cerioni, così come la responsabilità del tiro della vita o della morte.
E quante situazioni ingarbugliate risolse con quel suo tiro in controtempo praticamente non stoppabile? Cosa avrebbe potuto fare se fosse già esistito l’arco dei 6.25?
E soprattutto: dove sarebbe arrivata Rieti se avesse potuto contare su Cerioni fino alla fine della stagione?
In ogni caso fu ancora la Gabetti Cantù l’avversaria di Rieti nei quarti di finale dei playoff. Ormai con i lombardi si era instaurata una dura rivalità esplosa nei quattro incontri disputati la stagione precedente nella poule scudetto e poi nella finale per il 3° posto. Nel campionato in corso le due sfide di regular season erano state quanto mai emozionanti e videro sempre prevalere il quintetto di Pierluigi Marzorati: 84-78 a Cantù, malgrado i 50 punti di Willy e Cliff, e 101-104 a Rieti, dopo un supplementare, malgrado ben 95 punti segnati da Sojourner, Meely, Brunamonti e Zampolini. Ma Cerioni era già out.
Quest’ultimo match a Rieti è stato il più rocambolesco mai visto al Palaloniano in 30 anni. A 37 dal termine per l’Arrigoni, avanti di 7 punti, la partita sembrava ormai vinta. A decenni di distanza, i tifosi presenti, si ricordano 4000 presenze sulle tribune, se la ricordano ancora perché in quel misero mezzo minuto e poco più Cantù riuscì a segnare 10 punti e a ribaltare il risultato. Come fecero?.
«Impresa incredibile quella di Cantù – commenta Brunamonti – considerando che all’epoca non c’era ancora il tiro da tre. Ma merito anche della nostra inesperienza. L’anno prima eravamo venuti dall’A2 ed era stato tutto più facile. Una volta in A1 imparammo che non tutto era rose e fiori. Per un pugno di giovani come noi fu una bella lezione che assimilammo a dovere e di cui poi facemmo tesoro nei playoff».
Insomma, la voglia di vendetta della Gabetti per i playoff del ‘77/78, i precedenti di regular season, la perdita di Cerioni e il fatto che garatre si giocasse a Cantù lasciavano poca speranza in vista dei play-off che andavano a cominciare. I due stranieri dei brianzoli erano l’ala Dave Batton e la guardia tutto genio e sregolatezza Johnny Neumann, ex capocannoniere universitario nel 1971 con Mississippi a 40 punti di media che però nell’NBA non sfondò mai. Ma la vera forza della squadra allenata da Taurisano era sempre il collettivo, magistralmente diretto da Pierluigi Marzorati. Malgrado ciò l’Arrigoni, trascinata da un Sojourner (29) e uno Zampolini (32) semplicemente stratosferici, disputò una partita stellare in garauno a Cantù vincendo 91-101.
Arnaldo Taurisano, allenatore di Cantù dovette inchinarsi all’Arrigoni: «Abbiamo usato molto la zona perché temevamo i tiratori da fuori – dichiarò a fine partita – ma Rieti è riuscita a demolire la nostra difesa con le penetrazioni. E questo per noi è stato molto negativo».
Tutti erano consapevoli che la Gabetti poteva ribaltare il risultato a Rieti. E infatti ci volle ancora una volta un supplementare per stabilire chi fosse il migliore. Ma fu di nuovo l’Arrigoni a prevalere (111-109) con 36 punti di Zampolini, 31 di Brunamonti, 9 di Sanesi e 6 di Olivieri. Sojourner e Meely ne racimolarono appena 25 in due. La beffa dei 10 punti in 37 secondi era vendicata e per il secondo anno consecutivo Rieti avrebbe disputato la semifinale per lo scudetto, questa volta contro la Virtus Sinudyne Bologna.
Il playoff contro i felsinei è descritto nella sezione Partite Storiche, così come il cammino dell’Arrigoni in Coppa Korac.